Eh sì, Apple vuole complicare la vita di chi vuole ripararsi il telefono con soluzioni sempre più cerebrali e proprietarie.
Poi arriva iFixIt e mostra che nel nuovo iPhone 16 viene usato un tipo di adesivo di cui nella mia ignoranza non sapevo nulla: la sua resistenza è fortissima… ma, sottoposto a una tensione di dodici volt per sessanta secondi, non aderisce più e si toglie come se fosse un foglietto.
WordPress si è propagato al quaranta percento del web attraverso una strategia del minimo comune denominatore: noi ti facciamo stare in piedi la baracca gratis e quello che manca ti arrangi a metterlo, tanto qualcuno ti vende un plugin e che sia fatto di cartone a non interessa, mentre conta invece che ce ne siano settantamilamilioni così da illuderti di compiere una scelta.
Una delle cose che manca è lo hosting e non mancano decinaia di aziendine che vendono hosting basati su WordPress e su una strategia del minimo comune denominatore: ti facciamo spendere poco però ti diamo WordPress già pronto e quello che manca ti arrangi a metterlo, tanto è pieno di plugin.
Austin Mann è un uomo che tiene alla tradizione e, come tutti gli anni, è andato a provare fotograficamente il nuovo iPhone in qualche luogo particolare.
Quest’anno, bontà sua e degli sponsor, ha scelto il Kenya per mettere sotto pressione iPhone 16 Pro.
Anticipo i risultati: il professionista sarà contento dei progressi compiuti rispetto al modello precedente di fotocamera, mentre l’amatore non noterà necessariamente differenze sensibili.
Il che, lo scrive anche lui, dopo tutte le iterazioni avvenute anno dopo anno, è anche prevedibile; il tempo in cui da un iPhone a quello dopo o quello dopo ancora passava una serie di miglioramenti clamorosamente evidente è terminato.
Wordfreq era una iniziativa open source di ricerca sullo scritto umano, che usava il traffico sul web per analizzare il tipo e la frequenza delle parole usate, basata su una libreria Python.
Era, perché la libreria continua ovviamente a funzionare ma raccoglie dati di nessun interesse e così il corpus di dati raccolti su oltre quaranta lingue non verrà più aggiornato.
Il motivo: il web si è riempito di testi prodotti dagli assistenti generativi, che inquinano gravemente il risultato delle analisi.
Sono a metà, immagino, di un thread di post di Dr. Drang riguardanti piccole funzioni che congiungono in modi creativi e magari utili Finder e Terminale.
Niente di straordinario, arnesi tipo elenca nel Terminale il contenuto della finestra del Finder in primo piano oppure cambia la directory di lavoro in quella che corrisponde alla finestra in primo piano del Finder. Il discorso si è spostato dalla fase creativa a quella migliorativa; scrivendo nel modo x si fa tre volte più veloce che nel modo y eccetera.
Uno degli oggetti con cui ho meno dimestichezza in assoluto è il curriculum. Ne ho mandati pochissimi e sempre a cose fatte, per questioni formali.
Ultimamente ne ho abborracciato uno per ragioni extralavorative (associazionismo); la versione precedente su cui ho lavorato era vecchia di dieci anni e già allora aggiornata in modo approssimativo.
Ho provato disagio. Senza compiere grandi sforzi (anche stavolta era una situazione di pura forma) ho cercato di ritoccare qua e là, aggiungere, integrare, aggiustare il tono e, come si dice oggi, niente: niente di quello che ho fatto è riuscito a ottenere un testo che parlasse di me in senso professionale e in modo convincente.
Dopo la visione di questo spezzone, ho pensato a MacPaint.
Artists are the only people that can justify owning iPads pic.twitter.com/72o85rSDPG
— gaut (@0xgaut) September 17, 2024 MacPaint fu sconvolgente perché per la prima volta dava a chiunque la possibilità di disegnare. Si poteva disegnare sul computer già in precedenza, solo che le interfacce erano inadatte a una persona normale con una normale voglia di disegnare.
MacPaint non metteva chiunque in grado di disegnare qualsiasi cosa.
Ieri mi sono dimenticato un’ottima ragione per raccomandare la lettura della recensione di iOS 18 da parte di Federico Viticci su MacStories.
Il sottotitolo, lo lascio in inglese perché suona bene, è There is still fun beyond AI.
Come fosse un buon auspicio a tutti quelli che si troveranno a navigare queste acque perigliose prima dell’inverno (dell’AI). Ci piacciono questi sistemi perché sanno essere anche divertenti.
Quest’anno suona strano puntare alle recensioni di iOS dal momento che prima di tutto bisognerebbe capire di che iOS si parla. Come scrive Federico Viticci su MacStories,
In Apple esistono due versioni di iOS 18. Quella che ho potuto provare da giugno e che sarà al centro di questa recensione è il debutto di iOS 18, con enfasi su personalizzazione e piccoli aggiornamenti. L’altra – quella che probabilmente tutti aspettano dall’annuncio a Wwdc – è iOS 18.
Il quindici di settembre mi risulta essere il giorno dell’annuncio tanto di Apple IIgs, l’ultima incarnazione di Apple II, e di X11, l’interfaccia utente grafica pubblica.
La coincidenza è simpatica e niente più. Mi sono reso invece conto del fatto che due oggetti tecnologici così diversi, per concezione, evoluzione, autori, filosofia, storia, utenza eccetera distano tra loro un solo anno. Non lo avrei mai detto.
Senza guardare e senza barare: chi è nato prima?