Una storia di software troppo umano e dell’intelligenza umana che spinge i confini di una disciplina dove nessuna intelligenza artificiale, vera o presunta, potrebbe arrivare. Troppo gustosa.
In
Tetris i tetramini (i pezzi composti da quattro quadrati disposti in ogni modo possibile per formare una figura intera) aumentano la velocità di caduta a ogni nuovo livello. Dopo il livello ventinove la velocità resta costante, solo che chi gioca su Nes –
Nintendo Entertainment System – si accorge che il controller non tiene il passo del gioco e non reagisce in tempo per governare la caduta di ogni pezzo.
Dall’ultima volta che mi sono trovato a scattare fotografie in notturna con iPhone, sono passati parecchi aggiornamenti sotto i ponticelli (la capisce chi si ricorda delle breadboard).
La prima foto l’ho bucata completamente, sorpreso dalle novità dell’interfaccia. Non sapevo nulla del timer visualizzato per avvisarmi della lunghezza del tempo di esposizione e del cursore a croce da tenere sovrapposto al suo alter ego a conferma della stabilità dell’inquadratura.
Poi ho capito e mi sono trovato bene. Il sistema spiega esattamente quanto manca alla fine dell’esposizione, se l’obiettivo si sta muovendo rispetto all’inizio e, terminata l’acquisizione delle informazioni, con una animazione del pulsante di scatto informa della fase computazionale interna prima di restituire lo scatto definitivo.
Chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo. Bello chiederselo a inizio di un anno inedito.
Da dove veniamo. Il supercomputer Cray-1 costava sette milioni di dollari, pesava cinquemila chilogrammi e consumava centoquindicimila watt.
Dove andiamo. Un Raspberry Pi base costa settanta dollari, pesa una frazione di un chilogrammo, consuma cinque watt e va quattro volte e mezzo più veloce di un Cray-1.
Chi siamo. Oggi dovremmo sentirci tutti un po’ Roy Longbottom, il signore responsabile delle affermazioni sopra. Stanno in una pagina che
confronta le prestazioni di Cray-1 con una pletora,di computer, telefoni, aggeggi vecchi e nuovi attraverso il test Whetstone, che nel duemilaventidue ha compiuto mezzo secolo di vita e qualcosa lo avrà pure imparato.
Uno degli stereotipi sul Capodanno è che porti bene indossare qualcosa di usato. Lo interpreto in chiave software e, risolte le pratiche alimentari e augurali, consiglio a tutti per questa giornata una pesca miracolosa dentro
Ifdb, il database delle avventure testuali contenente un autentico tesoro in fatto di fantasia e immaginazione. Dalle avventure Infocom a quelle di marchi meno nobili, per finire con appassionati e liberi creatori di avventure, scegliamo qualcosa di interessante e perdiamoci positivamente in un mondo parallelo, un bel massaggio per la mente.
C’era una volta l’uso di gettare qualcosa di vecchio fuori dalla finestra a fine anno per ingraziarsi l’anno successivo. Se toccasse a me resuscitarla butterei volentierissimo l’ebook, inteso come oggetto generico.
Lo stato dell’ebook è comatoso. Lo sviluppo dello standard è inesistente e nessuno mostra il minimo interesse a valorizzarlo. Per gli editori è importante che gli ebook restino banali e al minimo della complessità per tre ragioni almeno: capiscono solo l’oggetto libro tradizionale; riescono a produrli con il minimo di risorse e competenze senza dover imparare; gli ebook fanno schifo e così lasciano indisturbate le vendite della carta.
Nel
riepilogare la parte tecnologica di questo Natale mi sono effettivamente dimenticato di citare due
AirTag in transito nella famiglia allargata.
Me lo hanno ricordato la notizia di un
furto di bagaglio sventato grazie a AirTag e quella di
sconti Amazon sulla vendita delle pillole Apple antismarrimento (non so se anche in Italia, in che misura, fino a quando, su che confezioni, non lo so, compro poca tecnologia, solo quando serve, e gli sconti li perdo praticamente tutti).
Pare, stando a The Register, che Bruce Perens, uno dei fondatori di Internet, sia al lavoro su che cosa verrà dopo l’open source: il
Post-Open Source. Non c’è bisogno di essere Bruce Perens per capire che l’open source ha bisogno di essere riformato per tornare a incidere e a tutelare la libertà di programmare e usare i programmi. Il suo parere è però autorevole e dice cose come queste, sacrosante:
Prima di tutto, le nostre licenze hanno smesso di funzionare. I business hanno avuto abbastanza tempo per trovare tutti i cavilli per aggirarle e così ci serve qualcosa di nuovo. La licenza GPL non funziona come dovrebbe, nel momento in cui un terzo di tutti i sistemi Linux a pagamento viene pagato aggirando la licenza stessa. Questa è RHEL.
A un certo punto la tecnica prende il sopravvento e diventa impossibile seguire (per me) nei dettagli. L’inizio è invece straordinariamente comprensibile, con uno schermino fatto apposta per aiutare le persone normali e narrazione che racconta la situazione invece di scendere nel concreto, per noi umani incomprensibile.
Su Secure List è comparsa la disamina di
Operation Triangulation, lo sforzo congiunto di alcuni veterani della sicurezza informatica per documentare, parole loro, l’attacco hardware più sofisticato che si sia mai visto.
Mi capitava di girare in modo pigro per
Sourceforge a caccia di progetti software open source di interesse, compatibili Mac, novità, aggiornamenti, curiosità, stranezze, esercizio della serendipity in opposizione alla rigidità dell’algoritmo.
Anni fa mi capitò di
consigliare anche Sourceforge come deposito da cui partire per avviare una attività di contribuzione a software libero.
Oggi certamente non lo consiglierei più e non so se vedrò mai più con qualche interesse una visita a Sourceforge passato il 2023. È proprio vero che i tempi cambiano; guardavo specialmente i giochi e vedevo titoli complessi, curatissimi, continuamente aggiornati, con basi di codice enormi, una comunità fremente.
Il mio Natale è stato pochissimo tecnologico, anche se quello complessivo ammonta a una dose più che onesta. Mi sono passati sotto il naso un watch e una chiavetta da duecentocinquantasei giga. Più interessante la seconda, per il fatto di avere due connettori: da una parte Usb-C, dall’altra parte Usb classico.
A una seconda occhiata, niente di speciale: non compro chiavette da un tempo esagerato e, intanto, il tempo ha cambiato un po’ di cose. Situazioni come questa sono diventate molto comuni e niente da dire.