Ho terminato la lettura di The Wind from the Sun, raccolta di racconti di Arthur C. Clarke trovata a due euro (letterali) al mercatino dell’usato.
Tutta roba leggera, racconti brevi o lampo, veramente lettura da ombrellone. Però, che bei respiri di aria fantascientifica di quando non si aveva paura di sognare e chi scriveva ti portava a naufragare sulla Luna o a esplorare l’atmosfera di Giove con perfetta plausibilità scientifica e tuttavia con la poesia del cosmo.
Trovo strano non avere mai segnalato l’esistenza di ditaa. Forse mi frega la scarsa connessione, forse la scarsa memoria, forse la scarsa capacità di ricerca.
Rimane comunque troppo prezioso ed è meglio parlarne due volte che trascurarlo.
ditaa trasforma in diagrammi grafici di qualità gli stessi diagrammi costruiti nell’antica ASCII art, un carattere dopo l’altro.
Non bisogna farlo alla lettera; sotto ditaa c’è una sintassi per farlo come programma. John D.
Ormai è più difficile non emulare un Mac dentro il browser che farlo. C’è una emulatore persino su Archive.org.
Mi mancava qualcosa per Lisa e sembra essere arrivato.
Scritto in JavaScript, è un filino più invasivo di altre procedure (vuole una installazione di un RAM disk nella memoria del browser). È comunque poca cosa rispetto al gusto di rivedere in funzione una macchina leggendaria.
Non è ancora perfetto. Del resto non lo era neanche Lisa originale.
C’è bisogno di un player di musica offline per macOS diverso da iTunes?
Non saprei; l’unica è provare a dare una chance a Petrichor, che promette un sacco di cose, è open source, è realizzato interamente con Swift e SwiftUI, tutto sommato aiuta la causa di chi ama molto i sistemi operativi di Apple ma sulle app ama guardarsi intorno (che è il mio caso nella maggioranza delle situazioni).
Petrichor, dice l’autore, è in stato di alphabeta, quindi attenzione.
Non sono d’accordo, piuttosto farei dei distinguo. Tuttavia trovo interessante l’iniziativa della lettera aperta degli insegnanti che si oppongono all’adozione di intelligenza generativa nell’istruzione.
Per ora è poca cosa: trecento firme di cui oltre l’ottanta percento verificate.
La lettera definisce la GenAI nella sua forma attuale come corrosiva per la capacità di azione di studenti, educatori e professionisti.
Inoltre stabilisce una linea operativa in otto punti, tra i quali non usare l’assistenza generativa nel progetto dei corsi di studio, evitare che gli studenti la usino in sostituzione del loro sforzo intellettuale e di crescita, respingere le avance di venditori esterni al mondo della scuola, inserire la GenAI nei piani di studio in modo fine a sé stesso per mostrarne la presenza in quanto tale.
Perfino da Facebook, una volta ogni mille anni, può arrivare qualcosa di buono.
Un professore della Sapienza di Roma ha scritto un post delizioso sulle sette personalità che si incontrano di continuo non appena inizia un dibattito sull’intelligenza artificiale o ciò che ora chiamano così.
Mi sono divertito e – totalmente esclusi i presenti – ho riconosciuto in pieno alcune delle personalità. Si capiscono meglio gli LLM se si capiscono meglio le menti che girano attorno al business.
Simpatizzo di cuore con il racconto biografico di Steven Hackett di 512 Pixels in occasione dei suoi dieci anni di attività.
Nel cercare la propria indipendenza, Hackett ha preso decisioni coraggiose, anche a livello familiare, si è dato da fare quando i conti non tornavano, ha tenuto la barra con passione e tenacia ed è riuscito a raggiungere i propri obiettivi.
Ogni tanto qualche bello spirito annuncia la morte dei blog, perché i social, perché Google vuole tenersi i soldi del SEO, perché l’intelligenza artificiale; è sempre un’occasione buona per annunciare la morte dei blog.
La vulgata vuole che Apple sia più indietro degli altri sui grandi modelli linguistici e sulla loro strategia di utilizzo, con relativa responsabilità dei vertici, su per la catena di comando fino ad arrivare direttamente a Tim Cook.
La direzione di Apple ha sicuramente sbagliato nell’annunciare funzioni di Apple Intelligence in tempo per versioni di sistema operativo che invece non le contenevano. Questo è stato un errore grave e pure insolito per Apple, che da anni ha abituato a sentire parlare di prodotti e di date di uscita, più o meno sempre rispettate, con un paio di eccezioni e non altro.
Qui siamo piccoli e tranquilli; eppure ci sono tanti siti o blog di dimensioni appena più grandi, per i quali proteggersi dal traffico ostile in ingresso di bot e crawler di ogni genere, da quelli della supposta intelligenza artificiale in avanti, costituisce una necessità o una linea di principio.
In questo senso, Anubis potrebbe portare un bel sollievo.
Si tratta in pratica di un firewall che soppesa il rischio delle richieste di accesso al sito e, se reputa che il gioco non valga la candela, sottopone la richiesta in arrivo a prove da superare per dimostrarsi di provenienza umana, o almeno innocua.
Sistemi meno massimi di quelli degli ultimi giorni: come leggere una tabella su Wikipedia.
Esegue Dr. Drang con Python e Pandas.
La curiosità: i dati riguardano la lunghezza in partite delle finalissime NBA.
Finora trenta finali sono terminate in sei partite; sia le cinque partite sia le sette si sono verificate in venti finali a testa.
Il quattro a zero è accaduto nove volte.
L’anno prossimo ci si aspetta tutti uno sweep (noi diremmo il cappotto) per fare cifra tonda su tutto.