Sono seriamente impressionato. Non è necessariamente una cosa buona; watch mi aveva lasciato freddo e poi mi ha convinto sul campo. Magari qui succederà l’opposto.
Intanto Apple ha fatto la sua Cosa Giusta: trasformare un settore tramite la computerizzazione degli apparecchi usati. Chiunque sa fare telefoni migliori dei loro, ma nessuno sa fare computer da tasca come loro. E loro vendono computer, chiamati iPhone, watch, tv, iPad e ora Vision Pro. Mac era un computer per forza, gli altri no.
Intanto viene da guardare alla pulizia del format. È scomparso qualsiasi tempo morto ed è quasi impossibile prendersi una distrazione. Ogni minuto è fatto di contenuto.
I detentori del marchio scrivono Apple silicon con la esse minuscola e questo, oltre a costarmi una sostituzione di massa sul blog con BBEdit, è un primo fatto gradevole, in un mondo dove la maiuscola passa appena si può e il più possibile a sproposito, pur di sembrare autorevoli e professionali.
Devo l’ispirazione a Mailmasterc, il quale a seguito di un mio commento sulle differenze di vedute tra Douglas Hofstadter e John Searle a proposito della stanza cinese ha chiesto approfondimenti.
La
stanza cinese è un argomento portato da Searle contro l’idea di una intelligenza artificiale forte, capace di pensare come gli umani. Nella stanza sta un signore equipaggiato con un manuale. L’unico contatto che ha con il mondo esterno consiste in bigliettini contenenti frasi in cinese. Il signore ignora il cinese e consulta il manuale, che contiene le istruzioni sugli ideogrammi giusti da usare in risposta a quelli che riceve.
Ho avuto il grosso piacere di ritrovare tra le mani una copia cartacea di
Contra Chrome, il fumetto attivista sui pericoli posti da Chrome e Google per la privacy e la democrazia alla cui traduzione ho contribuito sotto l’egida dei
Copernicani.
Nel rivederlo, è venuto bene. La mia posizione è molto meno militante di quella del fumetto, ma un po’ di esagerazione in questo caso non fa male almeno per acquisire la consapevolezza. Niente di male a usare Chrome o a permettere al software di acquisire dati personali che servono per corrisponderci un servizio; purché tutto sia fatto in modo onesto, alla luce del sole, con chiarezza e con la possibilità semplice per chiunque di chiamarsi fuori.
Relativamente a
ieri, aggiungo un
commento di François Chollet, che dal mio punto di osservazione è quanto di più vicino a un Hofstadter per i nostri tempi di ora.
Ove possibile, uso Bard. Quando non è possibile, uso ChatGPT (ma devo ancora provare seriamente Claude). Lo strumento esiste, ha le sue capacità e i suoi limiti, semplifica certe attività, è sprecato o stupido per altre, come tutti gli strumenti.
Se per caso parte il cervello, causa temperature estive, picco di stress, bisogno di spiritualità represso, illusione ottica, ingenuità conclamata, e si comincia a straparlare di comprensione, intelligenza, intenzione, imprevedibilità e quanto altro, o peggio ancora si fanno previsioni millenaristiche o apocalittiche, teniamo presente
quanto dice Yann LeCun che qualcosa ne sa e oltretutto tifa per l’intelligenza artificiale:
Sta per iniziare il mese di
WWDC e mi godo il perfetto silenzio su quello che verrà presentato durante il keynote.
Intendiamoci: se ne parla un sacco. Ma la chiacchiera ricorda il detto sull’araba fenice: che ci sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa. Certo, il visore per la realtà virtuale; chissà, forse Mac Pro; o magari un MacBook Pro. Oppure M3, o un nuovo watch. E poi naturalmente i sistemi operativi nuova versione, gli sviluppatori sono lì per quello.
Da un po’ non dovevo prendere in mano
Google Analytics e avevo da recuperare un po’ di memoria operativa. Così ho lanciato Safari su Mac e non mi sono posto subito il problema di non vedere subito i menu che interessavano; dopo tanto tempo, chissà quante cose ha cambiato Google.
Certamente il design. Nuovo, filante, elegante, chiaro. Tutto più e meglio di prima (l’aspetto dell’Analytics cui sono abituato me lo ricordavo).
In riferimento a quanto
appena raccontato, va detto che si dovrebbe essere coraggiosi e provare software ardito, giovane, con approcci nuovi.
Bisognerebbe dare fiducia a
iA Presenter, per esempio, che promette presentazioni fatte a partire da testo
Markdown, con tutta una serie di facilitazioni e funzioni interessanti intorno, come sfondi di colore variabile generati automaticamente o la restituzione di uno handout di testo per distribuirla al pubblico.
Tutte cose belle. Ora però, anche senza considerare i settantanove dollari di acquisto one-time (altrimenti c’è un odioso abbonamento), venerdì ho dovuto improvvisare e inoltre mi sono educato a usare meno testo che posso. La strutturazione ordinata in Markdown, nella mia situazione, avrebbe davvero giovato poco.
A volte i sistemi hanno una tendenza sgradevole ad autodegradarsi e, nel farlo, a infastidire. In questi giorni mi misuro con un provider che ha estratto un problema burocratico incomprensibile da un cappello vuoto, un notaio primadonna, una commercialista che chiede le fatture dell’anno scorso pur potendo guardarsele da sé in quanto provvista di delega di accesso, una casa editrice che mi invia un documento senza bisogno di seguito e – avendo io commesso l’errore di ringraziare – replica che nella mia risposta manca l’allegato, una mensa scolastica che vuole il saldo finale dei pasti concomitante con il termine delle lezioni se non fosse che la contabilità aggiorna i conteggi con un mese di ritardo e probabilmente ancora qualcos’altro. Ah sì, esiste una certificato di tipo anagrafico a proposito del quale un Comune può rispondere che non sa quanto impiegherà a produrlo né quanto costerà.