Non mi do pena di commentare il
quarantesimo anniversario di Macintosh. Ci pensa già mezzo mondo e non saprei che aggiungere di nuovo o migliore. Oltretutto è materiale che interessa se si ha una certa età.
Mi ha fatto un po’ pena invece Repubblica, il quotidiano, che ha pubblicato un articolo commemorativo a firma di Riccardo Luna, ieri.
Ieri non era il quarantesimo. Se qualcuno venisse a farmi gli auguri il giorno prima del compleanno mi farebbe piacere sulle prime, poi penserei che si tratta di qualcuno ignaro della data vera. Oppure, per dire, sa di dover passare il giorno dopo in missione spaziale e allora fa gli auguri nell’unico momento possibile.
Più ci penso e più sono convinto che lo avrei chiamato Vision e basta. Più penso a quello che penso, più mi convinco che ci sarà una ragione per essere
Vision Pro e che il futuro immersivo dell’ecosistema Apple non starà fermo per sempre in alta montagna economica, a quota tremilacinquecento.
Nell’imminenza del lancio del due febbraio iniziano a moltiplicarsi i commenti, gli slanci di fantasia, le profezie, i salti nel vuoto, le invenzioni, la fantascienza, i vorrei ma non posso. Starei sulla leggerezza, dato che Vision Pro stesso è pesantino: tra seicento e seicentocinquanta grammi, circa un iPad, quasi un pallone da basket, un centinaio di grammi più di quasi tutta la concorrenza. Che ha la batteria integrata.
Al forum di Davos in corso in questi giorni c’è stata una conversazione tra gli invitati di cinque testate giornalistiche, l’ex politico Nick Clegg – ora President per i Global Affairs di Meta – e Yann LeCunn, sempre di Meta Chief Ai Scientist. Uno che qualcosa ne sa, certamente non un pessimista né un illuso.
Nel
resoconto della testata spagnola El Païs compaiono alcune dichiarazioni di LeCunn su cui è intelligente, in modo naturale, essere informati.
Questo post, iniziato su Mac con
BBEdit, verrà probabilmente completato su iPad con
Runestone e poi inviato nuovamente a Mac, nella cartella da cui viene generato il blog, con Prompt.
Prompt permette la connessione SSH tra iPad e Mac, o qualunque altro sistema sulla galassia, e dispone di tutta una serie di accessori, come la sincronizzazione dei segnalibri tra apparecchi, che semplificano e rendono più snelle le procedure di connessione. Mi piace e lo ritengo una delle migliori opzioni possibili per fare SSH da iPad.
Si deve dire un po’ cinicamente che di questo periodo scompare un padre di Internet ogni settimana. La
scomparsa di David Mills tuttavia spicca su tante altre, perché lui ha creato Network Time Protocol, NTP, del quale racconta questo
spettacoloso articolo del New Yorker.
Si deve dire un po’ cinicamente che di questo periodo scompare un padre di Internet ogni settimana. La
scomparsa di David Mills tuttavia spicca su tante altre, perché lui ha creato Network Time Protocol, NTP, del quale racconta questo
spettacoloso articolo del New Yorker.
Sappiamo per esperienza che nessuno al mondo riesce a ottenere da un iPad quello che riesce a Federico Viticci. Stavolta Stephen Hackett di 512 Pixels lo ha linkato titolando, tra l’ironico e l’ammirato,
Adesso è andato troppo oltre.
Il titolo dell’articolo di Federico è
Come ho truccato il mio iPad Pro con un proteggischermo, un portaiPhone e altoparlanti stereo magnetici e già si è detto tutto.
Lui è il primo a saperlo e lo scrive in chiaro:
Oggi lo chef propone un
Venerandi d’annata con una lunga e profonda invettiva sulla crisi valoriale della scuola e il degrado delle capacità degli studenti e sul loro rispetto per l’istituzione.
Universale è il lamento per l’indisciplina delle scolaresche; e questo lamento non è mosso per ragione di scapataggini, proprie dell’indole vivace dei ragazzi, o per quelle che si chiamano monellerie; ma piuttosto per atti frequenti di aperta ribellione e di cinico disprezzo contro l’autorità del maestro, per l’insofferenza di qualsiasi ammonizione o consiglio, sia pure amorevole, de’maggiori, per la pretesa sfacciata di premi e di promozioni, senza alcun merito reale che le giustifichi; per la facile abitudine di attaccar brighe con chicchessia, e di riescire il tormento di chi ha la poco lieta fortuna di abitare o di passare vicino ad una scuola. Il sigaro, il turpiloquio, la bestemmia appaiono frutti già maturi sulle labbra degli adolescenti. I quali e colla sguaiataggine delle maniere e colla sconcezza de’discorsi, e col piglio arrogante del mascalzone si permettono d’insolentire contro le persone più rispettabili.
Mentre si chiudeva l’anno, qualcuno si è accorto dell’esistenza di
Ferret, large language model (megamodello?) alla base dell’intelligenza artificiale come intesa in questo scorcio di decennio, sviluppato da Apple insieme alla Cornell University.
Ferret è multimodal, ovvero lavora anche su media diversi dal testo. Proprio come
Gemini, il sistema presentato con grande fanfara da Google. Lavora con le immagini e anche con parti di esse arbitrariamente selezionate.
A differenza di Gemini, tuttavia, Ferret è stato pubblicato su GitHub in silenzio e, chiaramente, come open source. Chiunque può avventurarsi nel codice, cosa che Google o Microsoft sono più restie a concedere.
Posto che, come anche
commenta Tom’s Hardware, la strada è lunga e le sfide notevoli, mi piacerebbe un sacco vedere
la tecnologia promessa da BetaVolt arrivare al livello richiesto dai device di oggi e di domani.
BetaVolt ha annunciato batterie tascabili a energia nucleare piccolissime (quindici per quindici per cinque millimetri), con autonomia di cinquanta anni e sicure poiché basate su un isotopo del nickel che decade in un isotopo stabile del rame.