Succede che Apple presenta
Vision Pro e, un po’ per volta, i talk di
Emacsconf me li sto guardando tutti.
L’anello di congiunzione è che alla fine siamo fatto della stessa pasta dei nostri dati. In più ripensavo anche al mio amico autore di
che bello PowerPoint che scrive le presentazioni da solo.
E arriva questo James Howell, docente di
Penn State University, apparentemente con
una reputazione molto buona come docente, a rimarcare tutta una serie di distanze, culturali, morali, ahimé pochissimo materiali nella sua dissertazione su
Comporre e presentare corsi universitari con Emacs e un insieme di software libero.
Piccola digressione burocratica. Per emettere le mie fatture elettroniche uso il portale dell’Agenzia delle Entrate. Facendolo da oltre un anno, ho un bookmark che mi porta direttamente dove mi serve. Così non ricordo proprio il contesto in cui si trova il portale.
Oggi sono entrato nel portale dell’Agenzia delle Entrate (area riservata) per altre faccende e mi sono detto ne approfitto, che devo emettere una fattura. Non ero nel mio solito bookmark e avevo invece davanti l’elenco dei servizi forniti dall’agenzia. Va beh, senza pensarci, cerco fatturazione elettronica. Entro e… non è lui. Posso consultare le fatture emesse, esportarle, ma non altro.
Marcel Duchamp
espose un orinale nel 1917 presso una mostra di artisti indipendenti a New York. Fece scandalo e cambiò la storia dell’arte, perché affermò il principio che a definire l’arte è l’artista stesso.
Trovo scandaloso e per giunta privo di potenziale di cambiamento il tentativo compiuto da varie persone a tutti i livelli, dai geni assoluti della materia fino ai relativisti d’accatto privi di competenza, di cambiare l’idea di significato e sostituirla con una qualche altra definizione che permetta di vendere gli assistenti generativi come
dotati di comprensione.
John Siracusa ha scritto una
lectio magistralis a proposito dello spatial computing che corrisponde secondo Apple all’esperienza dell’utilizzatore di
Vision Pro, in arrivo tra due giorni.
Sono parziale nel giudizio perché l’illustrazione di apertura è la schermata Info su del Finder 1.1g, anno millenovecentoottantaquattro. Per me si potrebbe anche chiudere qui.
Scherzi a parte, il suo punto di vista è sommamente interessante, e stranamente lo è anche se non ha ancora messo le mani sull’apparecchio: si vede la differenza di statura con chi vide iPad presentato in streaming e
annunciò che temeva potesse ribaltarsi a causa del retro bombato.
Lo scienziato vede il foglio di carta quadrettato e inventa un
gioco tanto semplice quanto profondo, sul quale
si fa ancora ricerca dopo tanti anni.
L’artista osserva gli assistenti generativi che, ricevuto un prompt, disegnano. E pensa:
voglio essere io a disegnare dopo essermi fatto dare i prompt dall’assistente generativo.
Hanno età molto diverse ma si chiamano entrambi John Conway. Si vede che il nome è in qualche modo una garanzia.
Due persone differenti ma simili in un tratto fondamentale: hanno contribuito o contribuiscono al progresso dell’umanità che, sì, dipende anche dalla pittura.
Abbiamo il fitness per il corpo, la meditazione per la mente, infinite modalità ibride del concetto; possiamo essere onnivori, vegetariani, paleo eccetera eccetera per curare l’alimentazione; salviamo, o così pare, il pianeta con raccolte differenziate, spese responsabili, scelte intelligenti; dai pavimenti ai sanitari, disponiamo di prodotti per curare, nutrire, mantenere, proteggere superfici e materiali. Non parliamo delle creme e delle lozioni per la pelle, il viso, i capelli, il contorno occhi. A poca distanza da casa c’è un autolavaggio che, se abbiamo un veicolo, non lo pulisce e basta: lo fa risplendere.
Ci risiamo.
Un nuovo studio afferma che i grandi modelli linguistici alla base degli assistenti generativi, superata una certa dimensione,
mostrano comportamenti assimilabili all’understanding, alla comprensione delle cose.
Secondo i ricercatori, alcuni testi generati sarebbero impossibili o molto improbabili da ottenere dato che non dovrebbero trovarsi nei dati di training oppure, se anche ci fossero, sarebbe difficilissimo che, a causa della mole di dati nel modello, vengano trovati e messi in connessione proprio quelli lì. Perché succeda questo, il sistema deve effettuare della generalization.
Ogni volta che torno da una piacevole serata di boardgame (questa sera avevamo Dungeons & Dragons in pausa), mi metto a fantasticare su come sarebbe lo stesso gioco reso su un’interfaccia testuale, che consentisse in pratica di giocare circa come su un adventure game.
Faccio poca fatica a immaginare le strutture dati, perché più un boardgame è riuscito più è semplice nel design e le sue regole sono chiare e leggere.
Prego sentitamente chi avesse contatti con organizzazioni e siti italiani, di qualsiasi ordine e grado, di diffondere le
linee guida aggiornate dell’Istituto americano degli standard e della tecnologia (Nist) relativamente alle identità digitali.
Le linee guida suddette raccomandano come comportarsi ad aziende, enti governativi, organizzazioni, professionisti, chiunque. Il Nist è una autorità, non un gruppetto di ricercatori di una università sperduta.
Il documento è molto lungo e difficile da leggere, però se si potesse dare una certa enfasi al paragrafo 5.1.1.2, Memorized Secrets Verifiers, ne sarei grato.
Quando ho detto, molti mesi fa, che Vision Pro avrebbe fatto concorrenza alla televisione e agli home theatre, mai avrei immaginato che nel catalogo delle app su misura disponibili dal primo giorno ci sarebbe stata
quella dell’Nba, la lega professionistica americana del basket.
L’Nba governa sì il campionato di basket più bello del mondo, ma a monte di questo è un titano dell’intrattenimento, perché dalla visione delle partite presso i canali migliori per il pubblico più vasto derivano introiti ridistribuiti alle squadre per poter offrire uno spettacolo il più possibile all’altezza delle aspettative.