Ho dato l’addio alla mia veneranda AirPort Express.
Si accende ma, dopo trenta secondi di led giallo, la spia si spegne e non accade più nulla. Ho provato tutti i reset possibili per il modello, a lasciarla riposare e raffreddare, cambiare cavo e presa, ma niente. Questo post è il suo canto del cigno e, d’altronde, da anni stava a valle di un modem comunque provvisto di Wi-Fi. Siamo passati alla rete Wi-Fi del modem e tutto funziona.
Ho provato a pensare al volo quale sia la differenza principale tra bundle, package e framework in macOS.
Non ce l’ho fatta.
Ci ha pensato The Eclectic Light Company, con un articolo quasi risolutivo. Quasi perché le differenze consistono principalmente nella struttura interna dei tre componenti. Solo che uno può stare dentro l’altro e ci sono eccezioni.
Ho provato a sintetizzare ulteriormente l’articolo ma è impossibile o quasi.
In nome del secondo quasi raccomando la lettura dell’articolo, se anche minimamente interessati alla struttura interna di macOS.
Un matematico di grande reputazione pubblica su un social la tabella delle sue elaborazioni riguardanti un prossimo evento di grande rilevanza.
Affida la creazione della tabella a ChatGPT.
Tre quarti delle colonne della tabella hanno il totale sbagliato.
Così grande era il bisogno di affidarsi a un chatbot, nell’immensità del mare dei dati, che me ne sono accorto in dieci secondi, perché per curiosità ho provato a sommare i numeri a mente.
L’informatica personale esiste da decenni e ci sono due manie che permangono nonostante gli ormai numerosi esiti di realtà che dovrebbero meglio consigliare: l’inchiostro elettronico e il telefono stupido, o dumb phone.
Abbiamo toccato un apice con la presentazione di un dumb phone a inchiostro elettronico: schermo come la carta, è più piccolo della media e fa meno cose.
Vorrei chiarire che sono due ottime idee. Come la realtà virtuale e l’automobile volante.
Sembra una parodia o uno scherzo, invece è cosa serissima: Brett Terpstra cerca lavoro.
Un signor sviluppatore, nella piena maturità, di capacità comprovate, attivo in più di una comunità di tecnici, con un sito costantemente aggiornato e varie app e utility di sua firma.
Eppure si metterà a inviare curriculum e a mettersi in gioco.
Non so se sia un segno di ottimismo o di disastro imminente.
Per caso interessa una specializzazione in machine learning?
È appena partito un corso su Coursera.
Due mesi, dieci ore a settimana, scheduling autonomo.
Tra gli istruttori: Andrew Ng. Offre Stanford. C’è da pagare Coursera, ma è una frazione minuscola dell’equivalente del valore del corso.
Se non si capisce che cosa veramente può portare la rete in campo di istruzione, si mancano di brutto i prossimi trent’anni. Machine learning o meno.
Da giocatore di basket, quando avevo le giornate sì, quelle in cui qualsiasi tiro entra, tutto viene facile, danzi sull’avversario, dicevo colloquialmente che avevo la mano grande. L’impressione era che la palla fosse un giocattolino leggero e addomesticato, di cui disponevo con facilità, così piccolo rispetto alla mano.
Ovviamente, nelle giornate no sentivo di avere la mano piccola.
Da tempo la scienza ha dato un nome serio alla condizione da giornata sì: il flow, il flusso.
Accennavo all’esistenza di Sunderfolk, uscito esattamente ieri. La sera stessa abbiamo provato a giocare assieme, ognuno da casa propria, con il tutorial del gioco.
Sunderfolk vuole recuperare l’esperienza di quando si giocava gomito a gomito sul divano di casa o in un LAN party. Il risultato è buono: il possessore del gioco, nel nostro caso, ha condiviso lo schermo su Meet e, grazie alla app companion, in tre abbiamo giocato collaborativamente, come seduti attorno a un tavolo.
Ogni tanto mi capita ancora: mi fermo pieno di meraviglia a quello che accade sullo schermo, al fatto che miliardi di transistor operino in contemporanea per formare immagini di testo, colori, immagini di immagini, in modo coerente e interoperabile con una mattonella su cui strofino il dito per dare ordini.
Il senso di meraviglia non è ancora scomparso e basta ripensare alla storia recente per provare quasi sgomento di fronte al cammino percorso, al nulla sufficiente per mandare in frantumi la magica illusione.
Si può pensare bene o male di Apple Intelligence, purché si riconosca che almeno sul piano della salvaguardia della privacy le cose vanno meglio che presso altri produttori.
Per esempio, viene applicata la tecnica della Differential Privacy per addestrare i modelli di machine learning sottostanti senza violare la confidenzialità dei contenuti creati dai clienti.
Un articolo nella sezione Machine Learning Research del sito aziendale spiega in maniera svelta e chiara come l’input di un utente generi la creazione di dati sintetici simili a quelli inseriti, ma del tutto privi di riferimento a una qualsivoglia identità.