Simpatizzo di cuore con il racconto biografico di Steven Hackett di 512 Pixels in occasione dei suoi dieci anni di attività.
Nel cercare la propria indipendenza, Hackett ha preso decisioni coraggiose, anche a livello familiare, si è dato da fare quando i conti non tornavano, ha tenuto la barra con passione e tenacia ed è riuscito a raggiungere i propri obiettivi.
Ogni tanto qualche bello spirito annuncia la morte dei blog, perché i social, perché Google vuole tenersi i soldi del SEO, perché l’intelligenza artificiale; è sempre un’occasione buona per annunciare la morte dei blog.
La vulgata vuole che Apple sia più indietro degli altri sui grandi modelli linguistici e sulla loro strategia di utilizzo, con relativa responsabilità dei vertici, su per la catena di comando fino ad arrivare direttamente a Tim Cook.
La direzione di Apple ha sicuramente sbagliato nell’annunciare funzioni di Apple Intelligence in tempo per versioni di sistema operativo che invece non le contenevano. Questo è stato un errore grave e pure insolito per Apple, che da anni ha abituato a sentire parlare di prodotti e di date di uscita, più o meno sempre rispettate, con un paio di eccezioni e non altro.
Qui siamo piccoli e tranquilli; eppure ci sono tanti siti o blog di dimensioni appena più grandi, per i quali proteggersi dal traffico ostile in ingresso di bot e crawler di ogni genere, da quelli della supposta intelligenza artificiale in avanti, costituisce una necessità o una linea di principio.
In questo senso, Anubis potrebbe portare un bel sollievo.
Si tratta in pratica di un firewall che soppesa il rischio delle richieste di accesso al sito e, se reputa che il gioco non valga la candela, sottopone la richiesta in arrivo a prove da superare per dimostrarsi di provenienza umana, o almeno innocua.
Sistemi meno massimi di quelli degli ultimi giorni: come leggere una tabella su Wikipedia.
Esegue Dr. Drang con Python e Pandas.
La curiosità: i dati riguardano la lunghezza in partite delle finalissime NBA.
Finora trenta finali sono terminate in sei partite; sia le cinque partite sia le sette si sono verificate in venti finali a testa.
Il quattro a zero è accaduto nove volte.
L’anno prossimo ci si aspetta tutti uno sweep (noi diremmo il cappotto) per fare cifra tonda su tutto.
Ultimo giro di Osservazioni randagie di seconda categoria, dedicato all’evoluzione tecnologica generale di Apple.
C’è o percepisco un consenso di base sulla mancanza di novità hardware di Apple dalla scomparsa di Steve Jobs in avanti. In special modo, non è apparso niente di particolarmente rivoluzionario. Con tutto il corollario di innovazione terminata, zero progresso, zero invenzioni, inaridimento delle fonti.
Jobs è mancato poco dopo la presentazione di iPad e immediatamente prima di quella di Apple Watch, su cui probabilmente avrà messo mano.
Un momento di pausa tra un’osservazione randagia e un’altra: si critichi pure tutto, ma lasciatemi Apple Watch che, mentre sono in acqua, mi propone autonomamente di registrare un workout di nuoto.
Niente di miracoloso: solo una conoscenza minuziosa e vasta, perché accumulata e affinata nel tempo, di come si muove il polso e come varia la frequenza cardiaca (forse anche l’ossigenazione?) durante un bagno in mare, il tutto acquisito da accelerometro e sensori vari.
Riccardo ha ovviamente ragionissima nell’affermare nelle sue More stray Observations — on Liquid Glass, on Apple’s lack of direction, then zooming out, on technological progress che con Steve Jobs è morto qualcosa di importante. Sono passati quattordici anni e, per me, è continuamente ieri.
Sono comunque passati quattordici anni e, spiegavo ieri o almeno provavo a farlo, sono abbastanza da indurci a cambiare le nostre metodologie di valutazione. Se fossero stati quattordici anni dal millenovecentoottantaquattro al millenovecentonovantotto, saremmo passati dalla presentazione storica del primo computer capace di salutare il pubblico a voce al salvataggio quasi in extremis di un’azienda con un grande prodotto e un management incapace di governare persino il catalogo dei Mac in vendita.
Lette le More stray Observations — on Liquid Glass, on Apple’s lack of direction, then zooming out, on technological progress, intanto confermo che Riccardo resta, oltre che un amico, una delle mie penne preferite. Al mercatino dell’usato ho comprato con immensa soddisfazione per due euro una raccolta per me inedita di racconti di Arthur C. Clarke, The Wind from the Sun (in italiano Vento solare), e Riccardo ha molto dello stile di Clarke, nel ritmo, nel periodare, nell’inquadrare i soggetti.
Un titolo alternativo più pedestre potrebbe essere come funziona il mondo di oggi e quali lezioni possiamo apprendere per trovare opportunità.
Parker Higgins viene dieci anni fa a conoscenza del fatto che il governo americano detiene una splendida collezione di acquarelli di frutti e oggetti di natura creati tra il milleottocentoottantasei e il millenovecentoquarantadue, per oltre settemila esemplari. È la Pomological Watercolors Collection. (La maggioranza relativa delle immagini è di mele, come suggerisce il titolo della raccolta e, per gli intenti di questo blog, il valore della notizia aumenta).
Riporto eccezionalmente l’intervento di oggi di Mattia Feltri su La Stampa, come lo ricevo da Anteprima. Niente commenti, non servono.
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Una decina di giorni fa avevo accennato qui alla piccola e ammirevole Estonia, solitaria coi suoi smartphone a scuola, mentre il resto d’Europa, Italia in testa, si avvia a proibirli.
Ora la ministra dell’Istruzione estone, Kristina Kallas, ha annunciato che a settembre ogni studente avrà un account per accedere all’intelligenza artificiale.