Arriverà solo a giugno, la tastiera wireless retroilluminata di Matias.
È una tastiera full size, forse un po’ anacronistica per i tempi odierni, però probabilmente è solo questione di recuperare le antiche abitudini.
Si apparenta via Bluetooth a un massimo di quattro apparecchi.
Ha due batterie ricaricabili, una per la tastiera (un anno) e una per la retroilluminazione (da una a due settimane). Geniale.
Gli manca una Touch Bar, ma non è che si possa pretendere.
Facile di questi tempi guardare a Internet per i lati negativi: gli imbecilli scatenati, le post-verità, gli attacchi d’odio.
La rete potrebbe anche servire ad altro ed effettivamente è piena di quello che ci si riversa. Significa che l’unica vera strategia verso gli imbecilli è ignorarli e, invece, immettere nel traffico cose buone. Fare del bene. Anche solo fare una buona domanda, come questa:
Hey @HoeflerCo! I’ve started on this typeface and would love some pointers.
Divento noioso, ripetitivo e petulante sull’argomento dell’automazione del nostro computing. Dall’uso più efficiente dell’interfaccia fino allo scripting e ai programmi che fanno lavorare il computer da solo, se usiamo il computer nel modo più manuale e immediato, perdiamo tempo, produttività e possibilità. Stiamo attaccati alla tastiera o chi per lei mentre potremmo fare cose migliori. Questo, alla lunga, genera danni.
Un esempio di questi giorni è un modesto e spettacolare articolo di Dr.
Dopo un numero di cadute e maltrattamenti effettivamente eccessivo, con un principio di piegatura della scocca, danni alla protezione esterna della fotocamera e una crepa a tutta larghezza dello schermo touch, iPhone 5 ha segnalato che era il momento di prendere provvedimenti: lo schermo touch si è staccato dal corpo durante una telefonata, mettendosi praticamente a penzolare.
L’unità ha lavorato per 1.548 giorni, quattro anni più quasi tre mesi, direi non male per un iPhone, specie così malridotto.
A colloquio con un amico che ha ricevuto per lavoro una massiccia quantità di file Word, con l’estensione .doc del tempo che fu.
Anteprima vede perfettamente il contenuto dei file: sono lunghe tabelle di più pagine, strutturate su tre colonne.
Pages, però, nell’aprirli mostra solo la terza colonna; le prime due spariscono. Anche LibreOffice. Anche TextEdit. Anche un Pages ’09.
Certo, si tratta di una tabella con tre colonne, ma è una tabella con tre colonne.
Mi dispiace per i radi aggiornamenti di questi giorni e, tra oggi e domani, quasi certamente mi sarà impossibile provvedere. Conto di riprendere un ritmo più regolare entro il fine settimana e mi scuso con tutti nel frattempo.
Il mio Mac, comunque, non è ancora esploso.
MacStories dedica una recensione ricca e interessante a Raw Power, una estensione di Foto che mette a disposizione di chi li volesse strumenti di regolazione e modifica essenzialmente simili a quelli disponibili su Aperture, il programma professionale per l’amministrazione delle librerie fotografiche che a un certo punto Apple ha lasciato al suo destino.
A volte è un peccato terminare un software, altre volte è un tradimento, o ancora può trattarsi di una decisione forzata, tuttavia c’è anche spazio per le prese d’atto.
Operativo da aprile, il nuovo campus
si chiamerà Apple Park e conterrà un auditorium da mille posti intitolato a Steve Jobs.
Un esercito incattivito e avido
cinge d’assedio la capitale della Baviera allo scopo di invadere i sistemi informatici della pubblica amministrazione locale con Windows e Office.
Mi trovo bene con Apple quando mi propongono opportunità che non sapevo di volere. Non lo ha inventato Steve Jobs: avrò citato mille volte Henry Ford (che poi è frase apocrifa) con il suo Se avessi chiesto ai miei clienti che cosa volevano, avrebbero risposto: un cavallo più veloce.
Servisse una dimostrazione per negazione dell’opposto, Zte ha avuto una grande idea: chiedere ai clienti che cosa avrebbero voluto in un computer da tasca.