Apple non prende iniziative pubbliche a caso e dispone di risorse economiche inimmaginabili, ma sta attenta a non sprecarle. Inoltre è una azienda riservata, meno che ai tempi di Steve Jobs ma ancora nettamente più che qualunque altra: si rivolge all’esterno solo per validi motivi.
Sono le premesse che mi fanno guardare con curiosità ad Apple Machine Learning Journal, pagina strutturata come una pubblicazione scientifica, il cui primo numero consta di un singolo (interessante) articolo sulla realizzazione di sguardi artificiali che siano realistici.
Due anni e mezzo da quando si raccontava delle difficoltà degli sviluppatori nello spremere al massimo il processore di iPad
a causa del vasto spettro di Cpu riconosciute dal software di sistema.
Scrive Adobe
sul blog aziendale:
Con il maturare negli ultimi anni di standard aperti quali HTML5, WebGL e WebAssembly, molti di essi ora offrono molte delle funzioni e caratteristiche introdotte pionieristicamente dai plugin e sono diventati una alternativa praticabile per distribuire contenuti via web.
Delle tante iniziative di retrocomputing, una mi appassiona particolarmente ed è
Mame, l’emulazione degli arcade game apparsi dagli anni settanta fino a oggi, responsabili della prima esperienza digitale di tanti ragazzi di allora e pure di numerose passioni per la tecnologia germogliate proprio in quel momento.
Ecco perché preferisco parlare del presente di iPhone più che
rievocare i suoi dieci (straordinari) anni di storia: a settembre inizierà la commercializzazione di un
impianto cocleare – l’equivalente di un apparecchio acustico, ma impiantato internamente – che si appoggia a iPhone per ricevere suono e per configurarsi nel modo più personalizzato.
Chi usa Apple è un fanatico privo di obiettività mentre chi usa altro invece è un genio della valutazione imparziale, lo sappiamo bene.
Ne è ennesima dimostrazione l’articolo Il rifiuto di Apple di supportare le Progressive Web Apps va a serio detrimento del futuro del web appena comparso su Medium.
(Le Progressive Web App si basano su uno strato di JavaScript che permette funzioni simili a quelle delle app classiche, come notifiche e funzionamento offline).
Spunti per l’automazione delle operazioni su Mac possono nascere ovunque, per esempio dall’articolo di Kirk McElhearn che spiega come
applicare rapidamente una o più modifiche dello stesso tipo a un gruppo di immagini dentro Foto.
Se John Gruber dedica una pagina di Daring Fireball all’
inutilità di chiudere sistematicamente in modo forzato le app su iOS, nel 2017, vuol dire che c’è un’emergenza sociale o qualcosa di simile.
Che bella l’operazione di Fabrizio Venerandi: prendere un vecchio gioco digitato pazientemente per il Basic di Apple ][ e riadattarlo in JavaScript a una
qualsiasi finestra del browser.
Il ciclo delle notizie, come lo chiamano in Usa, è davvero in sofferenza e l’estate aguzza gli ingegni di chi deve riempire di pubblicità a basso valore pagine web di valore ancora inferiore.
Ne è portavoce The Verge, con un articolo surreale su come dovrebbe diventare lo smartwatch per sopravvivere.
La tesi è infatti che il concetto non funzioni e che la sua evoluzione debba essere l‘integrazione della tecnologia dentro il cinturino, che possa essere applicato a orologi convenzionali o ibridi, un po’ analogici un po’ digitali.