Come Amazon cerca di selezionare la clientela attraverso l’offerta Prima, così Virgin fa lo stesso con il suo Inner Circle. Previo canone mensile, gli iscritti a Inner Circle godono di privilegi vari sugli aerei Virgin, gli alberghi Virgin, i vini Virgin, insomma, tutto quello che è marcato Virgin, all’insegna del servizio superiore, della fidelizzazione del cliente e certo della generazione di fatturato.
Ora tra i privilegi di Inner Circle c’è anche una offerta telefonica mobile esclusiva, che prevede un solo computer tra quelli che telefonano.
Il razzismo in generale è idiota. Alcuni casi particolari, tuttavia, fanno eccezione e sono da coltivare e incoraggiare.
Prendiamo per esempio Beats 1, una stazione radio basata su deejay di valore assoluto che selezionano la musica migliore da proporre agli ascoltatori.
Oppure Apple News, un flusso di notizie per governare il quale sono state assoldate figure di rilievo nel panorama editoriale americano.
A questa coppia si aggiunge App Store: Apple ha annunciato l’intenzione di fare pulizia e l’ultima notizia è che ha già eliminato centinaia di migliaia di app tra cloni di programmi già esistenti, fuffa, trappole per utenti distratti e prodotti di qualità insufficiente.
Comunicazione di servizio per le persone di azienda rodate, quelle che parlano sempre in gergo, per acronimi, con frasi fatte del mestiere.
Quella cosa che ha detto Steve Jobs sullo stare all’intersezione tra la tecnologia e le arti liberali è probabilmente la più alta che ci ha lasciato. Spiegarla è però divenuto un problema perché se ne sono impadroniti i reparti marketing e il giornalismo trombone finto entusiasta tecnologico, che la ficcano dappertutto e la sviliscono.
Non provo quindi a rispiegarla per l’ennesima volta. Faccio parlare Classic Music Reimagined. Partono dal banale uso del Terminale per richiamare la sintesi vocale di Mac per arrivare alle voci musicali, che cantilenano la frase da pronunciare in base a una melodia nota.
Ho il vezzo di tenere su Mac tutti i salvaschermo carini che trovo e da sempre ho installati quasi tutti quelli di XScreenSaver, una raccolta eccellente di quelli che sono fioriti su Linux, pronti da installare su Mac.
XScreenSaver è partito come progetto molto tempo fa ed esiste da anni e anni.
Uno dei salvaschermo, AntMaze, mostra una processione di formiche variamente colorate che attraversa un semplice tracciato 3D, mostrato in lenta rotazione.
Niente come l’automazione si conquista attraverso infinite piccole battaglie, da vincere una alla volta per riutilizzare l’esperienza acquisita nell’occasione successiva.
Per questo considero utile da leggere questo pezzo di Sal Soghoian apparso su MacStories: un po’ di teoria sulla differenza tra estensioni e scripting, una spruzzata di conoscenza di macOS e iOS, e uno script che lavora su cifre prese da Numbers per rappresentare un grafico in Keynote. Fatto con AppleScript oppure a scelta, non piacesse, JavaScript.
Sono cose gravi.
Per motivi che non riesco a spiegare, non seguivo su Twitter Otto the Automator.
Da troppo tempo non effettuavo una visita a Mac OS X Automation. È cambiato molto, in qualità e quantità.
Veramente imperdonabile è non avere capito in anni di frequentazione che Mac OS X Automation era consigliato da Apple, pur non essendo un sito Apple, perché dietro c’era giustappunto Sal Soghoian.
Il quale, dopo essere stato congedato da Apple, va seguito ancora più e meglio di prima, con regolarità.
Come si descrive Patrick Moorhead:
Prima di dare vita alla mia azienda di ricerche e analisi di mercato, sono stato abbastanza fortunato da passare un decennio a lavorare nei semiconduttori presso Advanced Micro Devices e quasi un altro decennio per fabbricanti di computer e server. Ho incontrato gente molto particolare come Tim Cook in Compaq, Mark Hurd in NCR e Jerry Sanders in AMD.
Moorhead si racconta così nel principio di un articolo fondamentale pubblicato da Forbes con il titolo Il piano di Apple per il dominio del silicio.
Chiamami snob se vuoi, ma oggi in spiaggia ho risposto ad alcuni messaggi di lavoro via watch, con qualche tocco del polso, giusta velocità, esatta efficacia.
Chiunque altro ha fatto giustamente quello che gli pareva e sono l’ultimo che può dire male di chi usa un apparecchio per comunicare.
Però cavarsela con un piccolo quadrante di ingombro nullo (iPhone è rimasto nella tasca dei pantaloni) è un altro livello di qualità della vita.
Ricevo, ringrazio, riepilogo quanto mi ha mandato Stefano.
Arrivo da un “vecchio” iPad Pro 9,7” 128 gigabyte. Dopo circa un anno di lavoro, abbandonato definitivamente ogni laptop aziendale, cercavo una soluzione più confortevole per i miei occhi lavorando da scrivania, ma con la stessa portabilità del 9,7”: ecco il motivo per cui non mi sono buttato subito sull’iPad Pro da 12,9”.
E poi arriva il 10,5” portandosi in dote ProMotion.