Ci ho messo del tempo, ma eccomi qui:
L’io della mente è un libro in cui Douglas Hofstadter e Daniel Dennett raccolgono contributi autorevoli sul tema della mente, il cervello, l’intelligenza e l’intelligenza artificiale, per aggiungere in coda a ciascuno le proprie riflessioni.
Uno di questi contributi è
Menti, cervelli e programmi di John Searle, nel quale il suddetto descrive l’esperimento della stanza cinese, in cui un umano chiuso dentro una stanza combina simboli sconosciuti in entrata a simboli sconosciuti in uscita, in base a un manuale in suo possesso, e all’esterno sembra rispondere a tono a domande in cinese, mentre l’umano il cinese non lo sa; si limita a seguire il manuale di combinazione degli ideogrammi e non sa che significato abbiano, né che cosa legga o scriva.
Dimmi perché dovrei scegliere Magnetic Media Network al posto di qualche altro rivenditore Apple che magari costa pure meno e fa le stesse cose.
Sembra perché dovrei comprare un Mac/iPhone/iPad/watch/tv/Vision Pro quando posso prendere un apparecchio che fa le stesse cose e costa meno?
La storia si ripete, come la cultura e come la dissonanza cognitiva.
In ogni caso, la risposta è perché MMN festeggia l’arrivo dell’estate con un barbecue memorabile.
Se ti accorgi di avere troppo spesso per la bocca il lemma intelligenza artificiale usato per programmi specializzati (in modo incredibile e utilissimo) nell’assemblare testo una parola dietro l’altra, senza avere la minima nozione del contenuto, suggerisco una terapia.
Riguardare il
keynote di presentazione di WWDC
Contare quante volte viene detto artificial intelligence o ai.
Contare quante volte viene detto machine learning.
Tirare le conclusioni, consapevoli che quanto viene chiamato intelligenza artificiale oggi dai più è solo una applicazione particolarmente raffinata e complessa di una azione precedente di machine learning.
Questa
piccola perla arriva da un ricercatore che, dice, ha trascorso il dieci percento della sua vita nel Technology Development Group di Apple a creare prototipi di neurotecnologia.
Ho letto tutto l’articolo di John Searle in cui viene descritto l’esperimento della
stanza cinese.
Naturalmente non sono qui a scrivere il bigino o a tenere una lezione di filosofia applicata; l’argomento trova esegesi già pronte, autorevoli, di tutti i livelli. Invece annoto un paio di cose a livello quasi personale.
Per me intelligenza artificiale forte ha sempre significato allinearsi con Alan Turing e dire non vedo ostacoli al fatto che una macchina possa pensare, avendo ovviamente come premessa il fatto che oggi questa macchina non c’è. Secondo Searle, molti sostenitori dell’idea partono invece da un’altra premessa, quella che l’intenzionalità (il sapere che cosa si sta facendo e con che scopo) possa risiedere unicamente nel programma, del tutto separata dal computer.
La ricaduta dell’annuncio di Vision Pro consiste anche in mucchi di recensioni che si pronunciano, con competenza discutibile, sul futuro della piattaforma.
A tutti costoro dedico un
Sinofsky d’annata, sei giorni fa, invecchiato benissimo.
Pomeriggio di editing intenso su un file di grandi dimensioni, condotto via Editorial su Dropbox in una situazione di scarsa connessione.
Risultato: sette copie del file in conflitto tra loro. Decisamente la cosa va contro i miei interessi di scrittura. Dropbox verrà dismesso, ma non subito.
Editorial è un gioiello senza tempo grazie al suo scripting incorporato, solo che da sempre non sa gestire una sincronizzazione mancata. Ole Zorn non si rimetterà di sicuro a sistemare la questione, dopo anni che
ha annunciato la fine dei lavori sulla app.
Mentre annego
nelle sottigliezze delle stanze cinesi e soprattutto delle loro esegesi,
Mimmo ha spostato una falange del mignolo e ora, dopo avere sistemato
la resa dei link negli abstract, ha ottenuto lo stesso risultato all’interno dei post.
In altre parole, non dovrebbero vedersi più spazi non necessari e grammaticalmente indesiderabili all’interno dei link.
Un altro piccolo passo, importante.
Se solo avessi il ringraziamento come superpotere assoluto.
Primo aggiornamento al tema della diversità di opinione tra John Searle e Douglas Hofstadter sull’argomento della
stanza cinese,
sollevato da Mailmasterc.
Grande mossa di
briando6 che ha individuato il riferimento esatto: l’articolo originale di Searle e le riflessioni conseguenti di Hofstadter si trovano ne
L’io della mente.
Ora però ci devo studiare sopra. L’analisi di Searle è molto articolata e va seguita con attenzione. La risposta di Hofstadter pure, è lunga e in certi passaggi molto sottile nel ragionamento.
Un tocco di fino di
Mimmo e ora, almeno negli abstract del blog, non viene inserito arbitrariamente uno spazio dopo un link.
Prossima sfida: intervenire sul meccanismo che provoca lo stesso effetto e lo stesso spazio superfluo anche all’interno degli articoli. Gli spazi in eccesso fuori sono stati eliminati, ora tocca a quelli dentro.
Un passo alla volta, si migliora (non per merito mio, eh, però ogni miglioria, anche piccola, restituisce un mese di vita).