Neil Cybart di Above Avalon mostra che se uno si mette sul mercato alla ricerca di auricolari wireless perché vuole computer da orecchio, e wireless, più che essere un purista del suono, gli
AirPods sono
la scelta più economica, dopo almeno otto prodotti concorrenti nettamente più costosi.
Se Panic Software ha sulla propria sede di Portland
un’insegna a colori che qualunque passante può modificare, Adobe ha in cima a un proprio palazzo di San Jose quattro grandi Led che trasmettono codici in attesa di essere decifrati.
Ieri si parlava di
buon design. Ovvio che arrivi il contrappasso.
Mi è arrivata una mail dall’editore librario americano di tecnologia
O’Reilly. Sono utente registrato sulla loro piattaforma, ma ricevo comunicazioni da loro praticamente MAI.
L’ospedale americano Mount Sinai
ha pubblicato i risultati di uno studio sull’asma condotto tramite iPhone e
ResearchKit.
Google esiste grazie alla pubblicità. Eppure l’interfaccia di Chrome è libera da spot.
iTunes serve a vendere musica, film, app. Mentre si ascolta un brano o si guarda un video, la pubblicità è assente dall’interfaccia di iTunes.
Apple incoraggia in mille modi l’aggiornamento alla forma a pagamento di iCloud. Tuttavia, aprire una finestra del Finder non porta mai a leggere un consiglio per gli acquisti riguardante le tariffe di iCloud.
Ha suscitato una certa attenzione il lancio della tastiera
Lofree per Mac: meccanica ma Bluetooth, piccola, simpatica per i suoi tasti dalla forma circolare a richiamare le macchine per scrivere di un tempo, prova secondo l’amico
Blue che
Apple non riesce più a fare design innovativo.
Una delle decisioni più positive che ho preso ultimamente attorno a questo blog è stata aprire il canale Slack personale cui
ho invitato tutti gli interessati tempo fa.
Risposta che devo a avariatedeventuali dopo essere stato esortato a chiedere ad Apple che servizio di cloud utilizzi (e di conseguenza dedurne l’affidabilità).
Non l‘ho chiesto ad Apple ma ho trovato chi ha fatto la cosa giusta, ossia ha analizzato il traffico di rete per sapere dove vanno a finire i dati per iCloud.
Viene fuori che Apple fa uso di più servizi, in modo non del tutto spiegato; tuttavia sembra chiaro che l’immagazzinamento vero e proprio dei dati avvenga su spazio comprato da Amazon e quindi, come da specifiche di quest’ultima, la durata nel tempo sia stimabile a nove decimali (99,999999999 percento) con possibilità di accesso a due decimali (99,99 percento).
Ogni tanto qualcuno si arrabbia per le mie vedute sulla conservazione dei dati nel tempo, senza capire che sono un ottimista: con le dovute precauzioni e la dovuta attenzione, questa è l’epoca migliore possibile di sempre per conservare dati.
Chi si arrabbia pensa che sia esistita un’età dell’oro in cui niente si perdeva e poi è intervenuto il digitale a complicare tutto. Ha in mente un mito e non c’è niente di male.