Il luogo comune vuole che gli insegnanti facciano tre mesi di vacanza l’anno e certamente non ė vero; sono peraltro convinto che in una data come quella odierna, la gran parte degli insegnanti possa dedicare un quarto d’ora alla lettura della pagina
Cinque modi di usare Raspberry Pi in classe.
Raspberry Pi è la fine di tutti gli alibi. Ha un costo stracciato; si installa e si programma facile; incoraggia l’apprendimento trasversale di più discipline; funziona anche su computer-relitti che nessuno ha il coraggio di buttare; dispone di una quantità enorme di contenuti sviluppati da una comunità di appassionati, oltre che di supporto; ha tutto il software necessario per essere produttivi ed è software libero; gli ingombri sono ridicoli. Qualunque sia stata la scusa finora, non regge più.
Lascio integralmente la parola a Sasha. La conclusione è sua, ma la condivido al cento percento.
Mi chiedono aiuto per cambiare lingua su un cosiddetto tablet Windows 10 (se non sono Apple, li considero accrocchi senza tastiera, piuttosto che tablet…) acquistato chissà dove in Asia. Dopo il ripristino del sistema operativo, la prima configurazione mi permette di selezionare Thai o Giapponese (vado a intuito, perché sono tutti ideogrammi). E per le altre lingue? Beh, c’è questa pagina di supporto Microsoft, che spiega in “pochi e semplici” passaggi come fare.
Bel servizio quello di Six Colors, che a contorno dell’annuncio dei risultati finanziari di Apple (con notiziole come il totale di iPhone venduti nella storia salito a 1,2 miliardi) pubblica una bella
pagina di grafici e diagrammi, precisa, completa, sintetica, senza chiacchiere e libera da distrazioni. Solo i dati, su serie storiche lunghe che rivelano bene le macrotendenze delle varie linee di prodotto, per esempio l’uscita di iPad da una lunghissima parentesi di dati di vendita negativi.
Brian Fagioli (proprio) scriveva nove mesi fa su Betanews
Il disappunto per i MacBook Pro (2016) spinge alcuni lealisti Apple verso Ubuntu Linux. Sì, lealisti; non sono persone che hanno preferito un Apple Store a un Media World, ma truppe fedeli a un qualche tipo di potere.
L’articolo arriva a definire il numero degli abbandoni huge, ingente, con tanto di offerta speciale di un fornitore di sistemi vista l’abbondanza.
Per un attimo dimentichiamo l’assurdità di un supposto passaggio degli utenti da un hardware (Mac) a un software (Ubuntu) che
gira tranquillamente su Mac. Facciamo che sia vero. Vediamo che conseguenze ha avuto sulle vendite di Mac, per quantità. I dati sono anno su anno, quindi confrontano il dato dopo l’annuncio degli abbandoni con l’anno prima dell’annuncio.
Vic Gundotra ha appena espresso in un
post su Facebook
giudizi pesanti sullo stato della fotografia in campo Android. Soprattutto, ha tessuto le lodi di iPhone con espressioni come questa:
Per la maggior parte delle persone la fine delle
Digital Single-Lens Reflex è già arrivata. Ho lasciato a casa la mia fotocamera professionale e scattato queste foto della cena con il mio iPhone 7 usando la fotografia computazionale (o modalità ritratto come la chiama Apple). Difficile non dire di queste foto (in un ristorante, scattate con un telefono mobile senza flash) che colpiscono. Bel lavoro, Apple.
Apple non prende iniziative pubbliche a caso e dispone di risorse economiche inimmaginabili, ma sta attenta a non sprecarle. Inoltre è una azienda riservata, meno che ai tempi di Steve Jobs ma ancora nettamente più che qualunque altra: si rivolge all’esterno solo per validi motivi.
Sono le premesse che mi fanno guardare con curiosità ad
Apple Machine Learning Journal, pagina strutturata come una pubblicazione scientifica, il cui primo numero consta di un singolo (interessante) articolo sulla realizzazione di sguardi artificiali che siano realistici.
Due anni e mezzo da quando si raccontava delle difficoltà degli sviluppatori nello spremere al massimo il processore di iPad
a causa del vasto spettro di Cpu riconosciute dal software di sistema.
Scrive Adobe
sul blog aziendale:
Con il maturare negli ultimi anni di standard aperti quali HTML5, WebGL e WebAssembly, molti di essi ora offrono molte delle funzioni e caratteristiche introdotte pionieristicamente dai plugin e sono diventati una alternativa praticabile per distribuire contenuti via web.
Delle tante iniziative di retrocomputing, una mi appassiona particolarmente ed è
Mame, l’emulazione degli arcade game apparsi dagli anni settanta fino a oggi, responsabili della prima esperienza digitale di tanti ragazzi di allora e pure di numerose passioni per la tecnologia germogliate proprio in quel momento.
Ecco perché preferisco parlare del presente di iPhone più che
rievocare i suoi dieci (straordinari) anni di storia: a settembre inizierà la commercializzazione di un
impianto cocleare – l’equivalente di un apparecchio acustico, ma impiantato internamente – che si appoggia a iPhone per ricevere suono e per configurarsi nel modo più personalizzato.