Anche i sassi sanno che c’è un problema di vendite di iPhone inferiori alle previsioni, ma non tutti hanno avuto l’idea di confrontare il traffico su Internet dei lanci di prodotto negli anni per avere un’idea dell’entità del problema.
Apple Must ha pubblicato i grafici delle
rilevazioni di SemRush che mostrano come, effettivamente, il traffico suscitato da iPhone X al momento del suo lancio sia stato molto superiore a quello generato dagli iPhone di quest’anno.
Dal riassunto della conversazione tra Jonathan Ive e il designer giapponese Naoto Fukasawa,
pubblicato da 9to5Mac, si evince che durante la progettazione di Apple Park vennero realizzati prototipi in scala 1:1. Ovviamente non dell’intero edificio, ma di sue sezioni:
Siamo riusciti a realizzare prototipi a grandezza naturale. Dato che l’idea era semplicemente di ripetere la stessa sezione, si poteva avere un’idea di che cosa si stava progettando.
Purtroppo (per me) l’intervista intera è
su carta e in giapponese. Però mi basta questo dettaglio. Quale altra azienda arriva a pensare in grande in questo modo?
Dr. Drang
esorta ad abbracciare le espressioni regolari (da qui in poi regex) con un post eccellente che meriterebbe la traduzione integrale e che, nella tradizione dell’autore, mette a posto ogni cosa con pochi paragrafi ineccepibili.
Le regex sono come il
gioco del Go: straordinariamente difficili ad alto livello, semplicissime in partenza, materia perfetta per imparare dato che si possono esplorare poco per volta ed è possibile ottenere ottimi risultati anche con poche nozioni elementari (il che equivale grosso modo alla possibilità di giocare a Go su scacchiere molto piccole).
Il 10 dicembre 2019 termina il supporto di Windows 10 Mobile. Questa la
raccomandazione ufficiale agli incauti acquirenti di apparecchi di quel tipo:
passare a un apparecchio Android o iOS. La nostra mission […] ci spinge a supportare le nostre app Mobile su quelle piattaforme e quegli apparecchi.
Questo il commento sulla situazione dell’informatica da tasca:
La tecnologia si è evoluta assieme alle esigenze e alle aspettative dei vostri clienti e partner, che hanno già adottato piattaforme e apparecchi Android o iOS.
Di ritorno da una trasferta di un’oretta salvo traffico pesante, ascolto la radio più ascoltata in Italia e sento la pubblicità di una (s)vendita di Office 365 per famiglie al prezzo scontatissimo di 59,99 euro.
È vero che ci sono poveri e ricchi, le disuguaglianze, le difficoltà a macchia di leopardo, la crisi per alcuni mentre altri prosperano e così via. Focolari dove l’euro e ventinove provoca esitazioni e altri che spendono più in giochi che in televisione a suon di canoni e acquisti in-app.
Non ho cominciato ieri a usare Mac come desktop e iPad come portatile, ma quasi sette anni fa.
Ciò che è cambiato è sicuramente la percentuale del lavoro che svolgo su una o l’altra macchina. Prima Mac faceva la parte del leone e iPad serviva unicamente a mantenere il flusso delle cose durante gli spostamenti.
Oggi la percentuale di lavoro è pressoché in equilibrio, metà qui e metà là.
Le capacità di Mac non sono diminuite in alcun modo, anzi: con Mojave mi trovo benissimo e anche un modesto Mac mini come l’attuale procura tranquillamente tutte le soddisfazioni che cercavo, anche inaspettate: prima di avere problemi con Safari posso aprire approssimativamente il quadruplo delle pagine aperte sul vecchio MacBook Pro, per dire. Non ho ancora raggiunto un conteggio di applicazioni aperte nel Dock tale da mandare in crisi la macchina, quando quella precedente iniziava a dare chiari segni di stanchezza dopo le venticinque.
Scrivevo
nel lontano ottobre 2013 del primo computer da tasca al mondo con processore a sessantaquattro bit, iPhone 5S. Per capirci, ero fiero del mio iPad di terza generazione, il primo con schermo Retina, quello che oggi trovo lentissimo a confronto di iPad Pro. È passato davvero tanto tempo, anche ingegneristicamente.
iOS ha supportato le app a trentadue bit per qualche anno, ma
dal 2017 non sono più ammesse.
Ed ecco che Google annuncia la
transizione di Android ai sessantaquattro bit. Comincia il prossimo agosto, tra soli sette mesi. E va avanti, con eccezioni e interrogativi vari, fino al 2021.
A DuckDuckGo, il motore di ricerca alternativo che protegge la privacy di chi lo consulta, hanno deciso di
appoggiarsi alle Mappe di Apple per cercare luoghi e locali.
All’insegna della massima privacy: Apple non riceve i dati della ricerca, né li ricevono terzi qualsiasi. Appena usati i dati necessari a soddisfare la ricerca, DuckDuckGo li dimentica. Nessuno oltre a noi saprà in che ristorante volevamo andare questa sera.
Sarà un caso che Apple sia l’unica multinazionale della tecnologia con un forte ed effettivo impegno a rispettare la privacy di chi usa i suoi prodotti e trovi una sinergia con DuckDuckGo? No, non lo è. E probabilmente tra cinque anni avrà fatto una differenza notevole nel valore di quello che vende, a prescindere dal prezzo.
Rileggevo Fraser Speirs che parla del suo
passaggio da iPad e MacBook a un Pixelbook, sulla base di quanto è divenuto importante per la sua attività il software Google e quanto iOS manchi di usabilità e completezza quando si voglia usarlo “come un computer”.
Prima di rileggerlo ho passato una giornata di intenso lavoro su Google Sheets sul mio iPad Pro, collegato a una tastiera Bluetooth fisica. La quantità di cose che Google Sheets fa su iPad e NON fa tramite una tastiera collegata a iPad è ingente.
Non ho pensato abbastanza in piccolo, quando
ho scartato l’idea di un browser su watch.
Non me ne ero accorto, infatti, ma watchOS 5 ha portato
WebKit, il motore Html che sta sotto Safari,
anche sugli watch dalla serie 3 compresa in su. E nel giro di neanche tre mesi siamo già ai
consigli per ottenere il meglio con le immagini.
Certo, non c’è il browser vero e proprio, si potrebbe cavillare. Tuttavia è chiaro che Apple considera ragionevole presentare contenuto web su watch. In effetti, uno dei link sopra porta a un articolo di MacRumors che spiega come accedere a una pagina web arbitraria via computer da polso. A leggerla, effettivamente suona tutto ragionevole e avevo proprio sbagliato io.