Molti anni fa affermai che dover mettere sotto carica watch tutti i giorni fosse un non-problema. Concordo con me stesso e rilancio: non è un problema.
Un particolare proprio della Serie 7 è che quella volta al giorno dura meno di un’ora. Di fatto tolgo l’apparecchio al mattino, faccio doccia e colazione e da lì la batteria è come minimo sopra l’ottanta percento. Un attimo di pazienza e si arriva a carica completa. È una cosa che amo.
Quando ci si fermava per fare gli auguri, trovare uno spazio di tranquillità, anche vedere i parenti e magari esagerare a tavola, comunque in modo che segnava una discontinuità con la routine.
Quest’anno fermarsi è difficile; ho visto tanti che arrivano a questo momento ancora più trafelati del sottoscritto, e ben più pressati dalle cose e dalle persone.
Il mio augurio è che sia possibile, per ciascuno. È la Festa a distinguerci dagli animali. È la capacità di fermarci a renderci diversi dalle macchine, se viene esercitata consapevolmente.
Ho goduto del privilegio di assistere a una rappresentazione privata di
Io, Steve Jobs, di e con Corrado D’Elia.
È accaduto durante una festa aziendale, evento che classicamente viene interpretato come una mangiata ad alcol libero dove tutti tornano a casa più o meno uguali a prima, più o meno ubriachi, più o meno sessualmente appagati o frustrati, simmetricamente, in funzione del proprio stato civile e di quello dell’oggetto del desiderio declinato all’aziendale.
Reduce dalla visione completa di
Foundation, provo a dare qualche parere sintetico, di massima e sommamente incompetente, a spoiler zero.
Bisogna subito sgombrare il campo dall’idea di vedere sullo schermo una trasposizione dei libri di Asimov. Il ciclo della Fondazione ispira certamente la serie, che però si prende numerose libertà in ogni direzione.
Diversi archi narrativi si snodano parallelamente e li ho trovati molto vari e discontinui. Uno degli archi è stato molto interessante, pieno di suggerimenti e collegamenti alla realtà e alle problematiche di oggi, davvero affascinante. Un altro consiste in fantascienza ai margini del B-movie, veramente niente di speciale. Un altro ancora ha lo scopo di seminare le rivelazioni e i colpi di scena episodio per episodio e sembra stato messo insieme abbastanza faticosamente. Probabilmente è quello meno riuscito, anche con qualche lungaggine. Due archi narrativi si congiungono alla fine della serie, a mio parere inutilmente.
Si sono sprecati i commenti competenti e aspiranti tali sugli effetti della scomparsa di Steve Jobs per Apple. Il dato indubbio è che Apple sia enormemente più grande, diversificata, ricca, intraprendente. Ci sono anche ombre in mezzo alle luci e d’altronde non è che una società dal prodotto interno lordo simile a quello di una nazione medio-piccola possa essere esente da problemi. Tuttavia, Apple dopo Jobs è cresciuta e non poco.
Qualcuno argomenta che M1 sia un progresso tecnologico, certo, ma null’altro che una sorta di nuova versione di processore di punta, i cui miglioramenti in prestazioni e consumi saranno presto assorbiti dal mercato con l’uscita di chip concorrenti capaci di pareggiare ogni divario, se non superarlo.
Può darsi: nel frattempo M1 è già entrato nella storia se non altro per la sua capacità di cambiare lo stile di scrittura delle recensioni.
Ho consigliato a un amico desideroso di emulare Mac OS 9 il ricorso a Sheepshaver, come mi pare
ben sintetizzato in questa pagina della Columbia University.
Confesso però che non ho contatti con Sheepshaver da un bel po’ e le mie esperienze in materia sono talmente lontane dal risultare teoriche.
Qualcuno ha toccato con mano più di recente e sa corroborarmi, per favore? L’amico ha progetti abbastanza seri di utilizzo e quindi serve una emulazione solida, non progetti anche recenti e spettacolari come
PCE.js però poco concreti.
Tanti sforzi, tanta fatica, tanta arte retorica per dimostrare che iPad non è un computer, dal momento che non ci si può programmare una app per iPad, e che cosa fanno in Apple con scarsissimo senso dell’opportunità?
Aggiornano Swift Playgrounds alla versione 4.
Trasformazione digitale è uno dei termini di moda e difatti nessuno sa più che cavolo significhi.
Tuttavia c’è una cura semplice, intensa e piacevole: partecipare alla imminente
Worldwide Newton Conference Online, 28 e 29 dicembre.
Uno spettacolo, gente che ha fegato e motivazione (gli si perdona anche il refuso in bella vista sulla pagina). Solo che, se si dedicassero, che so, al Vic-20, sarebbero dei
semplici nostalgici. Bravi, simpatici, anche geniali, ma nostalgici.
Credevo fosse passato molto più tempo da quando
ho scritto delle nuove organizzazioni di file, che nelle nuove costellazioni personali di device e cloud finiscono a volte per ignorare la tradizionale suddivisione in cartelle gerarchiche. Neanche due mesi, invece.
Nei quali MacStories ha pubblicato i suoi
Selects 2021: le scelte delle migliori app del 2021.
Avevo citato
Obsidian come esempio dei nuovi modi di sfruttare l’archiviazione dei file senza stare a pensare alle cartelle ed ecco che Obsidian è App of the Year, definita da Federico Viticci la app Markdown più veloce ed efficiente che io abbia mai usato e molto più di questo: