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Dal mondo Apple all'universo digitale, in visualizzazione rapida dell'ovvio

16 gen 2016

Chiavi in mano

Il Senato dello Stato americano di New York ha allo studio una norma che se approvata potrebbe portare a multe per chi fabbrica apparecchi i cui dati non possano essere sbloccati o decrittati da parte di entità diverse dal proprietario dei dati stessi.

È solo l’ultima di una serie di azioni di istituzioni varie tese a minare la sicurezza e la privacy delle informazioni che vengono cifrate da sistemi come iMessage o comunque risiedono in forma cifrata sull’apparecchio dove sono state create.

Tim Cook, amministratore delegato di Apple, ha chiesto con forza all’amministrazione Obama di difendere l’uso di cifratura vera e seria, ossia non decrittabile. Il governo americano tentenna perché è tentatissimo dall’idea di imporre per legge backdoor riservate al governo (chiavi-scorciatoia per annullare la cifratura), senza capire che criminali, terroristi e governi stranieri ostili le scoverebbero in cinque minuti (forzatura dialettica; magari cinque mesi. Ma certamente le scoverebbero).

Apple ha un ruolo particolare in questa diatriba. Come scrive John Gruber,

Tim Cook ha ragione e tutti gli esperti di privacy e cifratura gli danno ragione, ma sono gli altri leader delle principali aziende americane? Dov’è Larry Page? Satya Nadella? Mark Zuckerberg? Jack Dorsey? [C’è un tale silenzio che] sento frinire i grilli.

(Google, Microsoft, Facebook, Twitter).

Oramai più di un anno fa, mi si perdonerà l’autocitazione, scrivevo di nazioni contro aziende e commentavo manca solo il casus belli.

Ancora qualche tempo; sarà la cifratura magari, o la tassazione. Sarà un caso che l’Unione Europea ha messo sotto inchiesta la struttura finanziaria delle grandi multinazionali proprio mentre queste ultime danno fastidio per come propagano cifratura forte nelle mani di milioni di cittadini?

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