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Dal mondo Apple all'universo digitale, in visualizzazione rapida dell'ovvio

6 dic 2014

La solita musica

Le versione che passa è che Apple sia in tribunale perché cancellava musica dagli iPod senza dirlo al proprietario.

Me la ricordo. In altro modo.

La musica venduta su iTunes aveva una protezione anticopia perché questo volevano le case discografiche. Steve Jobs scrisse una lettera aperta di Riflessioni sulla musica per dire che Apple non vedeva l’ora di vendere la musica senza protezioni e che dipendeva dalle major. Tant’è vero che oggi la musica su iTunes è assolutamente libera.

Gli iPod erano pieni di musica rippata dai Cd personali del proprietario, priva di qualsiasi protezione, che mai è stata cancellata in alcun modo. Erano pieni di brani Mp3 trovati in giro per Internet nei modi più svariati (mai legali), brani che mai sono stati cancellati.

Vero invece è che RealNetworks aveva cercato di retroingegnerizzare il sistema di copia per riuscire a vendere canzoni che al software di iTunes e iPod passavano per musica proveniente da iTunes Store, cosa che non era.

Chiunque sia nel pieno delle facoltà mentali, fatte due considerazioni di rispetto degli accordi commerciali e impegni relativi, e soprattutto di sicurezza, può trovare discutibile la reazione di Apple (i brani finti iTunes di RealNetworks, sì, smisero di funzionare al primo aggiornamento di iTunes e del software anticopia). Trovarla anche dannosa per l’utente finale al punto da richiedere una causa in tribunale, boh, io sono perplesso.

Se poi salta fuori che gli accusatori chiedono danni per il comportamento di Apple dal 2006 al 2009 avendo comprato un iPod nel 2010, posso solo concludere che si tratti di un altro liberi tutti dove, per dirla con gli americani, si gioca a scagliare la qualunque contro il bersaglio grosso ché magari qualcosa resta appiccicato.

Di seguito riporto che cosa scrivevo nel 2009 dentro il mio libriccino Macintosh Story, pubblicato assieme a qualche numero di Macworld Italia dei bei tempi. Assieme a una mia traduzione della lettera di Steve Jobs, non più direttamente accessibile su Internet.

Aggiornmento: I Thoughts on Music sono ancora presenti su Archive.org (grazie Sabino!)

Steve il grafomane

Ci sono momenti in cui l’ambiente ha bisogno di una scossa. Succede il 6 febbraio 2007, quando l’amministratore delegato di Apple Steve Jobs scrive una lettera aperta sulla vendita di musica digitale online. È il momento in cui iPod e iTunes Store dominano la scena ma la Norvegia vorrebbe che Apple condividesse con altri il sistema di cifratura anticopia della musica (vanificandone l’efficacia) e la Commissione Europea auspica un unico Store per tutta l’Europa, passando sopra sul banale dettaglio che le case discografiche, titolari dei diritti sui brani che concedono ad Apple in vendita, hanno una gestione dei diritti stessi nazione per nazione, il che è la premessa all’impossibilità del progetto, fino a che non cambiano opinione loro.

Di fronte a questo panorama Jobs si mette alla tastiera e pubblica sul sito Apple le considerazioni che seguono. L’originale si trova alla pagina apple.com/hotnews/thoughtsonmusic.

Per valutare appropriatamente l’esito di questa discesa in campo, va ricordato che da aprile 2009 la musica su iTunes Store è venduta libera da protezioni anticopia.

Riflessioni sulla musica

Steve Jobs 6 febbraio 2007

A seguito dello sconvolgente successo globale di iPod e di iTunes Store, Apple è stata sollecitata da alcuni ad “aprire” il proprio sistema di protezione della musica (Drm), in modo che la musica acquistata su iTunes Store possa essere riprodotta su altri lettori e che la musica protetta acquistata su altri negozi online possa essere eseguita su iPod. Analizziamo la situazione e come ci siamo arrivati, per guardare a tre possibili alternative future.

Per iniziare, giova ricordare che tutti gli iPod possono eseguire musica libera da protezioni, in formati “aperti” come Mp3 e Aac. Gli utilizzatori di iPod possono reperire e reperiscono la loro musica da altre fonti, compresi i Cd di loro proprietà. Gli è sufficiente importarla con iTunes, gratuito e funzionante su Mac OS X e Windows, e la musica viene automaticamente codificata in Aac o Mp3, senza alcun Drm. Questa musica può essere riprodotta su iPod come su qualsiasi altro lettore che riconosca tali formati aperti.

Il punto di frizione è la musica venduta da Apple su iTunes Store. Apple non possiede né controlla musica e deve ottenere il diritto di distribuire musica da chi la possiede, principalmente le magnifiche quattro (big four) della discografia: Universal, Sony Bmg, Warner ed Emi. Queste quattro aziende controllano oltre il 70 percento della musica mondiale. Quando Apple le ha contattate per ottenere una licenza di distribuzione legale su Internet della loro musica, la loro reazione è stata estremamente cauta e hanno chiesto ad Apple di proteggere la loro musica contro le copie illegali. La soluzione è stata la creazione di un sistema Drm, che avviluppa ciascun brano acquistato su iTunes Store in software speciale e segreto, in modo che il brano non sia riproducibile su apparecchi non autorizzati.

Apple riuscì a negoziare diritti di uso senza precedenti, compreso il permesso per gli utenti di riprodurre la loro musica su più computer, fino a un massimo di cinque, e su un numero illimitato di iPod.

Ottenere tali diritti è stata una novità assoluta per l’epoca e a tutt’oggi la maggior parte degli altri servizi che vendono musica digitale ne offre meno. Ma una clausola chiave dei nostri accordi stabilisce che, se il nostro sistema Drm viene violato e la musica delle big four diventa eseguibile su apparecchi non autorizzati, abbiamo poche settimane di tempo per risolvere il problema, o loro possono ritirare interamente da iTunes Store i propri cataloghi di musica.

Per prevenire le copie illegali, i sistemi Drm devono permettere la riproduzione della musica solo agli apparecchi autorizzati. Se una copia protetta da Drm di un brano appare su Internet, non dovrebbe essere possibile leggerla sul computer di chi l’ha scaricata o su un lettore digitale. Per raggiungere questo obiettivo, un sistema Drm fa uso di segreti. Nessuna teoria sulla protezione dei contenuti può prescindere dai segreti. In altre parole, anche se si utilizzano i lucchetti crittografici più raffinati per proteggere la musica, è sempre necessario “nascondere” le chiavi che sbloccano la musica sul computer o sul lettore digitale del legittimo proprietario. Nessuno ha mai messo a punto un sistema Drm che non dipenda da segreti di questo genere.

Naturalmente il problema è che nel mondo esistono molte persone molto intelligenti, alcune delle quali con un sacco di tempo libero, che amano scoprire questi segreti e rendere pubbliche procedure che consentano a chiunque di ottenere musica gratis (e rubata). Riescono a farlo spesso, per cui qualsiasi azienda che tenti di proteggere contenuti mediante un Drm deve aggiornare quest’ultimo frequentemente e inserirvi segreti nuovi, ancora più difficili da scoprire. È il gioco del gatto con il topo. Il sistema Drm di Apple si chiama FairPlay. È stato incrinato alcune volte, ma abbiamo saputo ripararlo con successo tramite l’aggiornamento del software di iTunes Store, di iTunes stesso e del software residente in iPod. Finora abbiamo rispettato i nostri impegni con le case discografiche di protezione della loro musica e abbiamo offerto al pubblico i diritti di utilizzo più liberali disponibili nel mondo della musica legalmente scaricabile.

Dato questo retroterra, esaminiamo tre diverse alternative per il futuro.

La prima alternativa è continuare sulla strada attuale, dove ogni costruttore compete liberamente con i propri sistemi “verticali” e proprietari di vendita, riproduzione e protezione della musica. È un mercato estremamente competitivo, in cui aziende globali di primo piano investono somme ingenti nello sviluppo di nuovi lettori digitali e negozi online di musica. Apple, Microsoft e Sony competono ciascuna con il proprio sistema. La musica acquistata presso il negozio Zune di Microsoft funziona solo su lettori Zune; quella comprata tramite il negozio Connect di Sony funziona unicamente sui lettori Sony; la musica acquistata presso iTunes Store di Apple, infine, funziona solo su iPod. È lo stato delle cose attuale, nel quale il pubblico viene servito bene, con un flusso continuo di prodotti innovativi e un’ampia varietà di scelte.

Qualcuno ha argomentato che, una volta acquistata musica da uno dei negozi online proprietari, ci si ritrova forzati per sempre all’uso dei soli lettori digitali di quell’azienda. O che, acquistato un lettore digitale, si è obbligati a comprare musica presso il negozio online della stessa azienda. È vero? Esaminiamo i dati relativi a iPod e a iTunes Store, i prodotti più diffusi, sui quali disponiamo di informazioni accurate. Alla fine del 2006 erano stati acquistati in totale 90 milioni di iPod e due miliardi di brani su iTunes Store. In media, 22 brani per ogni iPod venduto.

L’iPod oggi più venduto contiene mille brani e le ricerche ci dicono che l’iPod medio viaggia quasi pieno. Questo significa che solo 22 di quei mille brani, meno del tre percento, provengono da iTunes Store e sono protetti da un Drm. Il 97 percento rimanente della musica è non protetto e riproducibile su qualsiasi lettore digitale che riconosca i formati aperti. È arduo credere che il tre percento della musica sull’iPod tipico sia abbastanza da obbligare a comprare solo iPod nel futuro. Dato poi che il 97 percento della musica sull’iPod tipico non proviene da iTunes Store, è evidente che chi utilizza iPod non è forzato a reperire musica su iTunes Store.

La seconda alternativa contempla la concessione della tecnologia Drm FairPlay di Apple a concorrenti presenti e futuri, allo scopo di rendere interoperabili lettori e negozi online di aziende diverse. Superficialmente sembra una buona idea, in quanto potrebbe fornire al pubblico una scelta più ampia, oggi e in futuro. Apple potrebbe beneficiarne mediante piccoli diritti di licenza richiesti ai concessionari di FairPlay. Solo che appena andiamo un minimo in profondità cominciano a emergere i problemi. Il più grave di tutti è che concedere in licenza un Drm vuol dire rivelare alcuni dei suoi segreti a molte persone in molte aziende e la storia ci ammonisce che inevitabilmente questi segreti non resteranno tali. Internet amplifica enormemente il danno derivante anche da una sola indiscrezione su un singolo segreto, perché questa può diffondersi in tutto il mondo in meno di un minuto. Il problema può rapidamente concretizzarsi in forma di software liberamente disponibile in rete e capace di disattivare la protezione Drm, così che diventa possibile riprodurre su lettori non autorizzati brani che erano in precedenza protetti.

Problema di uguale gravità è riparare rapidamente ai danni causati da queste indiscrezioni. Una riparazione efficace implica molto probabilmente un aggiornamento del software del negozio online, del software su computer e anche di quello sui lettori. Vanno inseriti nuovi segreti, da trasferire come aggiornamento su decine (o centinaia) di migliaia di milioni di Mac, computer Windows e lettori già in uso. Tutto questo va compiuto rapidamente e in modo molto coordinato. È difficile farlo per una azienda che controlla tutte le componenti del sistema; è praticamente impossibile se più aziende controllano componenti separate. Ognuna di esse deve agire rapidamente e ben coordinata con le altre, se si vuole che la riparazione riesca.

Apple ha concluso che, se concedesse in licenza FairPlay ad altri, non potrebbe più garantire la protezione della musica concessale in licenza dalle big four discografiche. Può essere che una conclusione analoga abbia spinto Microsoft verso la recente decisione di passare da un modello “aperto” di licenza del proprio sistema Drm a un modello “chiuso” composto da negozio, software e lettore proprietari.

La terza alternativa è l’abolizione dei sistemi Drm. Immaginiamo un mondo in cui tutti i negozi online vendano musica non protetta in formati aperti utilizzabili dietro licenza da chiunque. In questo mondo qualsiasi lettore potrebbe suonare qualsiasi brano comprato su qualunque negozio, che a sua volta venderebbe musica riproducibile su qualsiasi lettore. Sarebbe chiaramente l’alternativa migliore per il pubblico e Apple la adotterebbe in un battito di ciglia. Se le big four concedessero in licenza ad Apple la loro musica senza il prerequisito di un Drm a proteggerla, venderemmo su iTunes Store solo musica libera da Drm. Qualunque iPod potrebbe usare musica libera da Drm.

Perché le big four potrebbero decidere di lasciare distribuire musica ad Apple e ad altri senza un sistema Drm a proteggerla? La risposta più semplice è: perché i Drm non hanno funzionato, e può darsi che non funzioneranno mai, per fermare la pirateria musicale. Le big four della musica richiedono che tutti i loro brani venduti online vengano protetti mediante Drm, eppure loro stesse continuano a vendere ogni anno miliardi di Cd contenenti musica completamente non protetta. Proprio così! Per i Cd non è mai stato sviluppato alcun Drm e dunque la musica distribuita via Cd può essere facilmente caricata su Internet, da lì (illegalmente) scaricata e infine riprodotta su qualsiasi computer o lettore.

Nel 2006 i negozi online hanno venduto due miliardi di brani protetti, mentre i brani venduti non protetti e liberi da Drm su Cd dalle big four sono più di venti miliardi. Le case discografiche vendono la stragrande maggioranza della loro musica senza Drm e non mostrano segni di voler cambiare direzione, perché la soverchiante maggioranza dei loro fatturati proviene dalla vendita di Cd che devono funzionare su lettori di Cd privi di supporto Drm.

Se pertanto le case discografiche stanno vendendo senza protezione oltre il 90 percento della loro musica, che beneficio ottengono dal vendere appesantito da un sistema Drm quello che resta? Apparentemente nessuno. Piuttosto, le capacità tecniche e le risorse richieste per creare, amministrare e aggiornare un sistema Drm hanno limitato il numero di quanti possono vendere musica protetta. Se questi requisiti scomparissero, il mercato musicale potrebbe assistere all’ingresso di nuove aziende disposte a investire in lettori e negozi innovativi. Dal punto di vista delle case discografiche può essere solo un fatto positivo.

Molte delle preoccupazioni riguardanti i sistemi Drm sono sorte in Paesi europei. Forse chi è insoddisfatto della situazione attuale dovrebbe spostare le proprie energie sul persuadere le case discografiche, per convincerle a vendere musica libera da Drm. Delle quattro grandi case discografiche, due e mezzo si trovano proprio in Europa. La più grande, Universal, è posseduta al 100 percento da Vivendi, che è francese. Emi è una società inglese e Sony Bmg è per il 50 percento proprietà della tedesca Bertelsmann. Convincerle a concedere in licenza la loro musica senza Drm ad Apple e ad altri creerà un mercato musicale veramente interoperabile. Apple lo abbraccerà di tutto cuore.

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