Ultimo giro di Osservazioni randagie di seconda categoria, dedicato all’evoluzione tecnologica generale di Apple.
C’è o percepisco un consenso di base sulla mancanza di novità hardware di Apple dalla scomparsa di Steve Jobs in avanti. In special modo, non è apparso niente di particolarmente rivoluzionario. Con tutto il corollario di innovazione terminata, zero progresso, zero invenzioni, inaridimento delle fonti.
Jobs è mancato poco dopo la presentazione di iPad e immediatamente prima di quella di Apple Watch, su cui probabilmente avrà messo mano. Qui è difficile dire perché mancano resoconti diretti e affidabili che invece abbondano in altri periodi. È anche possibile che ci sia stato un pudore aggiuntivo nel raccontare vicende segnate dal declino finale di Jobs, o che per la stessa ragione ci siano stati maggiori controlli nel tentativo di isolarlo da curiosità troppo morbose.
Di fatto non mi fiderei minimamente della biografia di Isaacson, che a me sembra avere fin troppo approfittato delle scarse energie di Jobs per prendersi mano libera in più punti della narrazione. E altro non vedo.
Cook non è uomo da rivoluzioni del resto e ha fatto quello che sapeva fare: ha consolidato. Il Cook del 2011 non è certo quello di oggi e sicuramente tenere unito l’equipaggio è stata una missione del tutto diversa da quelle di oggi.
Nel consolidare, Cook qualcosa lo ha conseguito: la sua Apple è finanziariamente parlando un multiplo agevole di quella di Jobs. Apple Watch si è preso uno spazio interessante e non si poteva pretendere che scalzasse iPhone. Gli AirPods nel 2023 hanno fatturato più di Nintendo. Forse degli auricolari non cambiano particolarmente il mondo, ma tecnologicamente manca del merito? Con un processore dedicato? Gli AirPods hanno ridefinito il mondo degli auricolari e immagino che siano il prodotto più imitato in assoluto, o nei pressi di esserlo.
Nel 2017 Apple ha fatto transitare ad APFS un miliardo di iPhone nel giro di pochi giorni. Magari, nessuna rivoluzione. Comunque, progettare un filesystem del disco non si fa tutti i giorni. Progettarne uno su questa scala di utenze è ugualmente notevole. Distribuire un aggiornamento a tutti in pochissimo tempo, beh, a me sarebbero tremati i polsi. Bastava un nonnulla per avere una catastrofe. L’operazione ha denotato una sicurezza e una perfezione rare a vedersi.
Nel 2020 Apple ha annunciato Apple Silicon. Non ci ha scommesso sopra l’azienda come ha fatto con iPhone e neanche come ha fatto con Macintosh. In ogni caso, il ramo d’affari di Mac è tutt’altro che disprezzabile. Transizione a processori progettati in casa, mentre infuriava il panico da Covid e, sempre di passaggio, da poco più di tre anni aveva aperto il nuovo quartier generale, un’altra sfida di design e tecnologia. Mancanza di innovazione? Forse è stata più innovazione distribuita che la comparsa di un nuovo prodotto insanely great. È qualcosa, però.
L’elefante nella cristalleria è un altro però. L’ultimo grande annuncio di Steve è stato iPad. Un’altra mezza scommessa, che ci fosse davvero quello spazio intermedio tra i portatili e i computer da tasca.
Come fare a tenerlo aperto e prospero, quello spazio? Per qualcuno era un computer mancato, per altri un telefono troppo cresciuto. Nel frattempo trovava un suo pubblico e si badi bene: basta entrare in un Mediaworld per trovare manciate di alternative a Mac. Basta passare dal chiosco di un provider per trovare un universo di alternative a iPhone. Tra tanti apparecchi di bassa qualità e a poco prezzo ci sono anche certi modelli che possono sfidare un Mac o proporre, per esempio, obiettivi fotografici competitivi con l’offerta di iPhone.
Anche le alternative a iPad ci sono. Poche, brutte, trascurate, tristi, pessime da usare.
Da quindici anni, l’azienda che ha perso la capacità innovativa mantiene in salute e all’avanguardia una piattaforma che a nessun altro riesce di governare con soddisfazione. C’è della tecnologia? C’è dell’innovazione? Gli schermi di iPad Pro sono meraviglie tecnologiche, anche se non girano spot televisivi dedicati. Per dire.
Rispetto al software, lo stato dell’arte di iPad ha sempre avuto una cartina di tornasole infallibile: Federico Viticci di MacStories. Viticci è arrivato su iPad in un momento per niente facile della vita. Si è letteralmente aggrappato alla piattaforma, e, dopo un lieto fine di cui possiamo solo essere felici, ha approfondito ancora di più le possibilità dell’apparecchio. A un certo punto mandava avanti su iPad l’intera contabilità di MacStories, in doppia valuta, con generazione di tutta la carta e la burocrazia richieste da un normale commercialista italiano. Da rabbrividire. Eppure lui lo ha fatto. iPad lo ha fatto.
Passati anni, arriviamo all’oggi: dopo Wwdc 2025, iPad promette il maggiore cambiamento al software di sistema di iPad che si sia mai visto dalla sua comparsa. Liquid Glass, a questo livello, è poco più che lo sfizio grafico.
E la reazione collettiva è molto indicativa: per qualcuno su iPad si è fatto troppo. Per qualcun altro, troppo poco. Per tutti, comunque (tranne Viticci), si sta sbagliando.
Apple avrà perso smalto, potenza innovativa, propulsione tecnologica, voglia di scommettere e prendersi rischi, per carità. Quando l’azienda capitalizza tre milioni di miliardi, riconosco che la tentazione di sedersi sugli allori può esserci.
Intanto, pochi giorni fa, Apple ha brevettato un sensore fotografico con venti passi di gamma dinamica, gamma che sta a 12 dB. In pratica, ci si avvicina ai limiti inferiori di visione dell’occhio umano, che è una enormità. Se il brevetto diventasse prodotto finito, sorpasserebbe in corsa qualsiasi fotocamera esistente, comprese le apparecchiature da cinema più sofisticate.
Qualcosa continua a muoversi, qualcuno continua a esplorare frontiere in Apple, mentre intanto l’elenco delle attività aziendali è arrivato a sette o otto rami principali. Non tutte le risorse sono adibite alla mera conservazione dello status quo.