Londra, Baker Street. Nel salotto di una casa elegante sia pure con qualche eccesso di maniera, due gentiluomini – H. e W. – sorseggiano whisky seduti in poltrona. Sul tavolino sono impilati i quotidiani della giornata.
W.: Ma ha letto, H., la rubrica tecnologica di oggi? Sembra proprio che questa storia tra Apple e la Commissione Europea sia concreta…
H.: Mio caro W., mai attribuire alla strategia qualcosa che potrebbe essere frutto di un pessimo calcolo… ho l’impressione di assistere a un gioco di ripicche e che presto o tardi qualcuno, da una parte o dall’altra potrebbe stancarsi.
W.: Oh, certo non sarà l’Europa… Apple non vorrebbe mai rinunciare a un mercato tanto lucroso.
H.: La verità non sta mai nei numeri, W., ma in ciò che li genera…
W.: Non sono sicuro di avere capito, H.
H.: Lasci che le spieghi. Secondo lei, a che punto sta il mercato europeo nelle priorità di Apple?
(H. si accende un sigaro con malcelata voluttà).
W.: Beh, l’Europa è grande, centinaia di milioni di abitanti. È ricca, è piena di tradizioni…
H.: Sette percento, W.
W.: Il mercato europeo? Come fa a esserne sicuro, H.?
H.: Per fare emergere le verità occorre sempre scavare, W. Vede, non tutti ascoltano le audioconferenze di presentazione della trimestrale di Apple agli analisti. La nostra è una civiltà evoluta e abbiamo anche la trascrizione. Se lei la avesse letta…
W.: Con rispetto, H., lo avrei fatto se io fossi un analista…
H. …se lei lo avesse fatto, avrebbe sentito Luca Maestri dichiarare che il fatturato di App Store in Europa è circa il sette percento di quello globale. Maestri è un italiano competente e astuto, che ha lavorato piuttosto bene come capocontabile di Apple. Certo, ora sta lasciando l’azienda… però, questi commercialisti italiani, hanno sempre un grande ingegno. Mi chiedo se sia un patrimonio genetico o ambientale…
W.: Scusi se la interrompo, H., ma ci interessa chi tiene i conti in Apple? Ma quindi il mercato di Apple vale il sette percento del totale?
H.: Non lo sappiamo, W. Il dato parla di App Store. Potremmo inferire che sia un proxy ragionevolmente soddisfacente del totale, che il cittadino europeo acquisti più o meno tante app quante ne compra quello asiatico o quello americano. E che alla fine anche le cifre dello hardware siano grosso modo allineate.
W.: Sarà una buona approssimazione?
H.: Una approssimazione è sempre meglio della mancanza di dati, W. Ha notato come suona male all’orecchio la parola hardware? È davvero fastidiosa. Non potrei mai lavorare per una azienda di hardware…
W.: La prego, H., venga al punto! Il sette percento di duecentocinquanta o trecento miliardi è una bella cifra!
H.: Vede, W., l’approssimazione che ci interessa è un’altra. È quanto sia grande l’Europa.
W.: È un dato che se mi lascia qualche istante posso fornirle con precisione, H.
H.: Ma che non ci interessa, essendo utilizzabile già come approssimazione. Perché parliamo dell’Europa di Apple.
W.: Ma H., lei esagera! Apple ha tanti soldi ma certo non potrebbe possedere l’Europa!
H.: Lei riesce sempre a sorprendermi con la sua ottusità, W. Ci interessa, naturalmente, l’insieme dei Paesi cui Apple si riferisce con il termine Europa.
W.: Non sono quelli, beh, europei?
H.: Dipende dall’Europa di cui parliamo. Apple ha problemi con la Commissione Europea, che rappresenta l’Unione Europea. Quest’ultima non rappresenta affatto tutta l’Europa! Per esempio, non rappresenta il nostro amato Regno Unito.
W.: Ehm, è vero. Neanche la Norvegia, ora che mi sovviene. Ma l’approssimazione resta valida, vero?
H.: dovremmo parlarne a fondo, W. Lei lo sa che nel concetto di Europa di Apple entra tutto il Medio Oriente?
W.: H., lei non finisce mai di sorprendermi! Veramente?
H.: Il bravo prestigiatore sta sempre attento ad avere sempre almeno un coniglio nel cilindro, W. Non intendo andare a fondo nell’analisi perché preferisco un altro bicchiere di questo whisky squisito… sappia solo che, se Apple dovesse ipoteticamente rinunciare al mercato europeo per attriti con la Commissione Europea, metterebbe a repentaglio il sette percento del fatturato… (pausa a effetto) meno la Norvegia, meno il Regno Unito, meno Israele, meno l’Egitto, meno l’Ucraina, la Russia, la Svizzera, la Turchia e poi Iran, Qatar, Emirati, Arabia Saudita, Bahrain… vado a memoria.
W.: Lei è una mente brillante, H. Ma quanto ha detto è sufficiente a giustificare una decisione che sarebbe comunque controversa e problematica?
H.: Mai porsi domande per le quali non esiste un corredo di dati adeguato per dare una risposta adeguata, W. Posso però aggiungerle qualche dato a contorno.
W.: Mi conceda di seguirla nel secondo bicchiere, H., e le darò tutta la mia attenzione.
H.: Supponiamo che comunque l’Europa rappresentata dalla Commissione Europea valga circa il sette percento del fatturato globale. Se la Commissione trovasse Apple responsabile di qualche violazione delle regole, potrebbe comminare una multa pari al dieci-venti percento del fatturato globale. Ovvero, basterebbe un solo contenzioso importante per vanificare oltre un anno di attività in Europa. E la Commissione ha facoltà di decidere più multe, se la violazione persiste.
W.: Eh sì, per Apple sarebbe un rischio prestarsi a un sistema che rischia di farle perdere denaro…
H.: W., la vedo intorpidito. Non è questo il problema. È che l’Unione Europea acquisisce il potere di dettare le linee guida di sviluppo dei sistemi. Se non avessimo fin troppi casi di cui occuparci la manderei in Apple, con il compito di calcolare quanto costa in risorse e tempo ad Apple diversificare oggi i sistemi operativi e domani, magari, lo hardware. Tutto mantenendo presumibilmente invariate le roadmap di prodotto che, tradizionalmente, hanno anni di anticipo rispetto all’uscita sul mercato. Quello che la Commissione legifera tra due anni potrebbe impattare sui modelli che Apple ha già allo stadio prototipi. Per i quali sta preacquistando componenti, stringendo accordi di produzione con le fabbriche, preparando il marketing eccetera. Domani l’Europa potrebbe rappresentare un grande rischio per la pianificazione di Apple e il rischio potrebbe risultare ancora meno giustificato di oggi.
W.: Mi ascolti, H.: il suo periodare si allunga. È un indice di stanchezza. Se non ha niente in contrario, le suggerisco una bella passeggiata.
H.: Ha ragione, W.! Un po’ di aria aperta e di svago è quello che ci vuole oggi. Sa che cosa le dico? Andiamo all’Apple Store e ci compriamo i nuovi iPhone, quelli che non hanno oggi l’intelligenza artificiale ma l’avranno entro qualche mese. Meglio essere preparati e annoiati che entusiasti ma sprovveduti!
W.: La trovo una buona idea, H. Ma… se domani Apple litiga davvero con l’Europa, non è un rischio questo acquisto, oso dire, quasi di impulso?
H.: Caro W., l’iPhone che troviamo a Londra è perfettamente identico a quello che si può avere a New York. Il che non è mai stato garanzia di civiltà, lo concedo, ma vuol dire anche che avere di meglio è impossibile. L’unico rischio che corriamo oggi è che piova all’improvviso. Prendiamo gli ombrelli e lasciamo le preoccupazioni ai nostri cugini di Oltremanica!
W.: Lei è geniale, H. Alla fine il ragionamento è elementare…
H.: Rispetti i ragionamenti altrui, W. Non ho mai pronunciato quella parola! Ora andiamo, le do il braccio che la vedo provato dal doppio whisky!