Si sa che Doom deve girare su qualsiasi apparecchio, soprattutto se improbabile, per decreto della comunità nerd.
Ebbene, un altro ostacolo è caduto: all’università di Tel Aviv, un gruppo di ricerca è riuscito a fare generare Doom a un modello di machine learning, detto di questi tempi anche di intelligenza artificiale.
Generare Doom vuol dire che il gioco non è programmato: l’assistente generativo, addestrato con la visione di partite di Doom, ridisegna il gioco fotogramma per fotogramma facendo quello per cui sono bravi gli assistenti generativi, cioè rimescolare la conoscenza che hanno dentro il modello.
C’è uno strato di software che consente l’interazione da parte del giocatore e il resto è tutto merito di un derivato di Stable Diffusion.
L’esperienza è ampiamente sperimentale. Il motore riesce a mettere insieme una ventina di fotogrammi al secondo, va detto, di buona qualità: un gruppo di tester ha avuto diverse difficoltà nel distinguere spezzoni di gioco autentico da altri generati artificialmente.
Uno dei problemi che hanno i ricercatori consiste nel mantenere la coerenza del gioco nel lungo periodo; come tutti gli Llm, anche questo soffre la degradazione dell’output nel tempo. Più dura la partita, più si rischia che il motore inizi a produrre nuovi fotogrammi a partire da quelli appena generati, oppure che piccoli errori inizialmente negligibili si accumulino fino a produrre danni importanti all’esperienza di gioco.
Tuttavia nell’idea, che non è nemmeno nuovissima, c’è del potenziale. Vedremo se i ricercatori si intestardiranno nel chiedere alla (chiamiamola) AI cose che per sua natura non può veramente dare (tipo: inventare un gioco nuovo e originale nel cercare di risparmiare sui programmatori) o se saranno abbastanza astuti da usarla per le operazioni in cui riesce meglio.