Mi comunicano che da qui in avanti le riunioni non si svolgeranno più su Zoom, a favore di Teams. È la seconda azienda, nel mio piccolissimo, dove succede.
Con la pandemia, Zoom ha avuto letteralmente in mano le chiavi delle scrivanie di tutto il mondo. Ha moltiplicato gli incassi. Era il punto di riferimento.
Potevano investire quel denaro e valorizzare quel momento. Andare oltre la logica del mezzobusto, accordarsi con provider, innovare l’esperienza del software, offrire gratis la connessione agli alunni di un professore pagante, comprare OBS e offrire uno studio di regia gratis a tutti i videomaker del mondo, erigere sale giochi virtuali, integrare la videoconferenza nelle scrivanie, comprare Miro, chissà che altro.
Scrivo anche cose senza senso perché non sono uno stratega della videoriunione. Però avevano vantaggio, tecnologia, un momento irripetibile. Invece un management inetto si è lasciato incastrare in stupidaggini sulla privacy per poi continuare con il piccolo cabotaggio, il bug fix, la nuova funzione di cui nessuno si accorge.
Una occasione così non torna mai più, altro che gli orizzonti perduti di Battiato.
Intanto, la chat cattiva scaccia nuovamente la buona e il partito dell’omogenizzazione conquista un altro spazio. Se fosse questione di un programma al posto di un altro, chi se ne frega; ma abbiamo capito da trent’anni che ci sono in gioco libetà, innovazione, creatività, diversità, un sacco di cose che ci rendono umani.
Attendo qualcuno vantarsi che lui non perde tempo con le riunioni, fa partecipare il copilota.