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12 apr 2024 - Internet Games

Parola torna indietro

Per la serie segnali che non possiamo farcela, Mattel ha annunciato una versione di Scarabeo meno intimidatoria.

Almeno per ora, la scatola contiene la versione classica del gioco con la quale abbiamo più o meno tutti avuto un contatto ravvicinato; ma la plancia ora si può capovolgere e mostrare una edizione del gioco in cui si collabora a formare le parole. secondo quanto dettato da carte-obiettivo, e altre carte forniscono assistenza in caso di difficoltà.

Secondo Mattel le nuove generazioni sono meno competitive di quelle vecchie e questa edizione intende avvicinare al gioco persone che si sentono intimidite (testuale) dallo Scarabeo classico.

Intendiamoci: non è certo la collaborazione il problema. Sono da decenni un giocatore di Dungeons & Dragons, gioco di ruolo che in quanto tale è la quintessenza della collaborazione; figuriamoci se posso contestarla.

Con gli amici di sempre ci siamo cimentati spesso con Shadows over Camelot per collaborare e vincere l’inesausta lotta tra il bene e il male all’ombra della Tavola Rotonda. Per battere il Male, tuttavia, bisogna giocarsela con impegno fino alla fine e uno di noi potrebbe anche essere un traditore. Collaborazione non vuol dire minestra insipida.

Abbiano provato Risiko alieno, una versione oscura del gioco che ora non è più presente sul sito ufficiale. È il solito Risiko, solo che le armate verdi sono controllate dagli alieni, che sbarcano in una posizione a caso e da lì cercano di stabilire una base. E poi un’altra e poi un’altra ancora… Risiko alieno rimane un gioco competitivo, solo che è interesse comune degli umani controllare la diffusione dei carri verdi, o la partita rischia di diventare persa per tutti. Collaborazione non vuol dire assenza di competizione.

Fin troppo facile parlare di HeroQuest, alla fine gioco di ruolo traslato in boardgame? Collaborazione non vuol dire noia.

Invece, il nuovo Scarabeo è annacquare un gioco bello per imparare e divertirsi, in nome del fatto che possa giocare anche chi non ha voglia e che nessuno si offenda, obiettivo facilitato dal decretare che nessuno vince. Nessuno perde, nessuno gioca in realtà. Diventa una specie di rito laico dello stare insieme purché nessuno si faccia male (leggi: perda una partita o non riesca a formare una parola) e non ci sia neanche un grammo di soddisfazione alla fine.

Dice: ma si può arricchire il proprio vocabolario anche attraverso la collaborazione e poi chi lo ha detto che bisogna per forza vincere o perdere?

Effettivamente, mia figlia accetta di giocare e si diverte moltissimo, ma guai se perde. Deve vincere. Mia figlia ha sei anni. Alla sua età è un comportamento perfettamente accettabile. Man mano che crescerà, imparerà il confronto con gli altri, che a volte nella vita si arriva primi e a volte invece no, il rispetto per chi troviamo sulla nostra strada, il controllo di sé che passa anche dal saper elaborare il dispiacere e la frustrazione, insomma tutte quelle cose che il gioco, come le favole, presenta in forma mediata così che possiamo esercitarci, metterci alla prova in un ambiente sicuro e amico, approcciarci a situazioni di competizione e cooperazione che poi ritroveremo nella vita.

I giochi insegnano a crescere, formano il carattere, accompagnano verso l’età adulta e poi, da adulti, costituiscono una eccellente digressione per riunirsi, abbattere lo stress, divertirsi, rilassarsi.

Dubito che Mattel con il nuovo Scarabeo annacquato voglia sfondare nella nicchia dei giocatori di sei anni che non sanno perdere. Piuttosto, punta su un bacino di giovani e adulti talmente impreparati alla vita e indietro nella crescita da dover affrontare perfino un gioco basato sulle parole, mica una simulazione bellica, come se avessero sei anni. Un gioco dove l’obiettivo è la regressione all’infanzia, non più la crescita.

Il suo successo, o l’opposto, sarà un segno rivelatore per sapere se possiamo ancora farcela.

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