Definire editor di testo BBEdit è in effetti riduttivo; definire editor di testo SimpleText sarebbe stato esagerato.
Da non confondersi con quello dalla t minuscola, SimpleText era… testo e basta. Una finestra e ci si poteva scrivere dentro, salvare un file.
Su un Macintosh di trent’anni fa poteva comunque avere un senso, perché a volte era l’unico in grado di aprire file danneggiati o di applicazione sconosciuta e poi aveva un incredibile, per i tempi, limite di trentadue kilobyte. Tantissimo.
Così, in uno o in un altro momento, tutti abbiamo finito per usarlo e ricordiamo la sua icona per i documenti: la prima pagina di un giornale con il titolo a caratteri cubitali EXTRA! (disegnata in bianco e nero su trentadue pixel per lato).
Nessuno si è ricordato della testata dell’icona documenti di SimpleText: come si chiamava il finto giornale?
C’è voluto un po’ di tempo ma qualcuno ci è riuscito: è il cognome dell’addetto alla manutenzione del programma in Apple, Tom Dowdy, scritto capovolto, per giunta in un periodo nel quale gli easter egg non ricevevano la stessa benevolenza di un tempo.
Leggenda vuole che a Dowdy sia stata assegnata il venerdì la soluzione di un bug di TeachText (il programma predecessore) e che lui il lunedì mattina abbia consegnato SimpleText.
Una bella lezione di ingegno, inventiva, leggerezza, capacità di lasciare un segno anche in un trentadue per trentadue.