Delle mille soluzioni di videoconferenza possibili emerge come preferenza assai diffusa Zoom, che non è esattamente il mio preferito (invece, Valarea per lavorare e Jitsi per chiacchierare), magari dopo un’occhiata all’elenco di server di iorestocasa.work, che può tornare utile).
Non linko Zoom perché è venuto fuori che la versione iOS trasmetteva dati a Facebook, anche se non si era iscritti a Facebook. Un aggiornamento passato poco dopo l’uscita della notizia ha eliminato il problema, solo che resta la licenza d’uso del programma, che praticamente consente a Zoom di fare un po’ quello che vuole in termini di rispetto della privacy.
Su Mac, Zoom installava senza dire niente un server che restava installato e in funzione anche quando l’applicazione veniva cancellata. Lo scorso luglio Apple ha applicato un aggiornamento di sistema silente a macOS con lo scopo preciso di eliminare il server nascosto di Zoom.
John Gruber riassume tutta la vicenda.
La tecnologia di Zoom, intendiamoci, è di prima classe. Da un punto di vista di resa e tenuta della videoconferenza, anche con grandi numeri, niente da dire. Quello che accade dietro le quinte, però, è poco simpatico.