Ha suscitato una certa attenzione il lancio della tastiera
Lofree per Mac: meccanica ma Bluetooth, piccola, simpatica per i suoi tasti dalla forma circolare a richiamare le macchine per scrivere di un tempo, prova secondo l’amico
Blue che
Apple non riesce più a fare design innovativo.
Una delle decisioni più positive che ho preso ultimamente attorno a questo blog è stata aprire il canale Slack personale cui
ho invitato tutti gli interessati tempo fa.
Risposta che devo a avariatedeventuali dopo essere stato esortato a chiedere ad Apple
che servizio di cloud utilizzi (e di conseguenza dedurne l’affidabilità).
Non l‘ho chiesto ad Apple ma ho trovato chi ha fatto la cosa giusta, ossia
ha analizzato il traffico di rete per sapere dove vanno a finire i dati per iCloud.
Viene fuori che Apple fa uso di più servizi, in modo non del tutto spiegato; tuttavia sembra chiaro che l’immagazzinamento vero e proprio dei dati avvenga su spazio comprato da Amazon e quindi, come da specifiche di quest’ultima, la durata nel tempo sia stimabile a nove decimali (99,999999999 percento) con possibilità di accesso a due decimali (99,99 percento). Gli Amazon Web Services, da questo punto di vista, offrono il meglio che esista sul pianeta.
Ogni tanto qualcuno si arrabbia per le mie vedute sulla
conservazione dei dati nel tempo, senza capire che sono un ottimista: con le dovute precauzioni e la dovuta attenzione, questa è l’epoca migliore possibile di sempre per conservare dati.
Chi si arrabbia pensa che sia esistita un’età dell’oro in cui niente si perdeva e poi è intervenuto il digitale a complicare tutto. Ha in mente un mito e non c’è niente di male. Solo che era impossibile prima, scegliere una soluzione e poi disinteressarsene per sempre. Figuriamoci ora.
C’è molto da leggere nell’
inchiesta Jamf relativa al 2016 sull’uso di apparecchi Apple in azienda. Cito solo due dati: il 91 percento delle aziende interpellate ha in uso Mac. Il 99 percento usa iPhone e/o iPad.
Prova a dirlo a un viaggiatore nel tempo proveniente da vent’anni fa, è il commento di John Gruber.
L’inchiesta è seria e profonda a sufficienza per avere una buona attendibilità. Ci sono tanti numeri e anche dove difetta l’inglese vale la pena di compulsarla.
Arriverà solo a giugno, la
tastiera wireless retroilluminata di Matias.
È una tastiera full size, forse un po’ anacronistica per i tempi odierni, però probabilmente è solo questione di recuperare le antiche abitudini.
Si apparenta via Bluetooth a un massimo di quattro apparecchi.
Ha due batterie ricaricabili, una per la tastiera (un anno) e una per la retroilluminazione (da una a due settimane). Geniale.
Gli manca una Touch Bar, ma non è che si possa pretendere.
Facile di questi tempi guardare a Internet per i lati negativi: gli imbecilli scatenati, le post-verità, gli attacchi d’odio.
La rete potrebbe anche servire ad altro ed effettivamente è piena di quello che ci si riversa. Significa che l’unica vera strategia verso gli imbecilli è ignorarli e, invece, immettere nel traffico cose buone. Fare del bene. Anche solo fare una buona domanda, come questa:
Divento noioso, ripetitivo e petulante sull’argomento dell’automazione del nostro computing. Dall’uso più efficiente dell’interfaccia fino allo scripting e ai programmi che fanno lavorare il computer da solo, se usiamo il computer nel modo più manuale e immediato, perdiamo tempo, produttività e possibilità. Stiamo attaccati alla tastiera o chi per lei mentre potremmo fare cose migliori. Questo, alla lunga, genera danni.
Un esempio di questi giorni è un modesto e spettacolare articolo di Dr. Drang dedicato a un argomento apparentemente anodino come la
funzione di ricerca e sostituzione su BBEdit.
Dopo un numero di cadute e maltrattamenti effettivamente eccessivo, con un principio di piegatura della scocca, danni alla protezione esterna della fotocamera e una crepa a tutta larghezza dello schermo touch, iPhone 5 ha segnalato che era il momento di prendere provvedimenti: lo schermo touch si è staccato dal corpo durante una telefonata, mettendosi praticamente a penzolare.
L’unità ha lavorato per 1.548 giorni, quattro anni più quasi tre mesi, direi non male per un iPhone, specie così malridotto. Pagato 729 euro a dicembre 2012, è costato 47 centesimi al giorno. A Milano è la metà di un caffè.
A colloquio con un amico che ha ricevuto per lavoro una massiccia quantità di file Word, con l’estensione .doc del tempo che fu.
Anteprima vede perfettamente il contenuto dei file: sono lunghe tabelle di più pagine, strutturate su tre colonne.
Pages, però, nell’aprirli mostra solo la terza colonna; le prime due spariscono. Anche LibreOffice. Anche TextEdit. Anche un Pages ’09.
Certo, si tratta di una tabella con tre colonne, ma è una tabella con tre colonne. Qualunque altra complicazione è assente. Chi adduce il problema della compatibilità per sostenere la necessità di usare Word, sostiene un software costruito per riuscire comunque a creare casi di incompatibilità. Volutamente, a spese della produttività e dell’efficienza delle vittime, pardon, degli utilizzatori.