Apple ha appena messo agli archivi
il miglior trimestre primaverile di sempre e naturalmente è spacciata perché, anno su anno, le vendite di Mac sono diminuite in unità del tredici percento.
Il trimestre che finisce in giugno è tradizionalmente quello dove si concentrano gli acquisti delle scuole, che vanno su Mac solo in minima parte. Più di questo, l’anno scorso durante Wwdc vennero annunciati nuovi MacBook Pro; quest’anno, nessuno.
Insomma, il dato sembra largamente spiegabile senza tirare in ballo le perdite di qualità e i problemi con le tastiere.
È comprensibile che diventi progressivamente più raro trovare buona aneddotica sulla grande storia di Steve Jobs e prodotti correlati.
Ogni tanto salta comunque fuori qualcosa come questa bella
storia di telefonate. A quanto pare, il primo contatto tra Apple e Intel sull’adozione dei processori di quest’ultima avvenne nascostamente da Steve, esattamente come ai tempi del primo Macintosh il team di lavoro aveva nascosto un ingegnere Sony nel loro palazzo, così che Jobs non lo trovasse e cacciasse via per segretezza. Il lettore di floppy nel primo Macintosh era una novità ed era Sony; la cosa giusta era avere un aiuto.
Il 10 ottobre sarò a Roma per tenere un intervento all’edizione locale di
Freelancecamp.
Il tema è il lavoro in mobilità e toccherò le questioni hardware solo marginalmente. Gli apparecchi mobili esistono seriamente da vent’anni, chiunque ha almeno un computer in tasca ed è più difficile stare fuori che dentro la rete.
Lato software è tutt’altra faccenda. Iniziamo sì e no adesso a capire come è veramente meglio strutturarsi per lavorare in mobilità. Che nella mia ottica significa due cose: lavorare in modo intercambiabile su qualsiasi apparecchio e dotarsi del software meno intrusivo e più leggero possibile.
Il lavoro di base
lo ha svolto Slashdot.
Gli sviluppatori di
Vlc, uno dei migliori lettori indipendenti e open source di audiovideo, hanno deciso di impedire l’installazione della loro applicazione su alcuni degli ultimi smartphone Huawei, segnatamente P8, P10 e P20.
Il motivo è che il loro software di bordo è, diciamo, appena fiscale nel concedere i permessi di funzionamento in background, allo scopo di economizzare batteria.
Per questo motivo molti che ascoltano audio in background con Vlc sui suddetti telefoni si ritrovano la app terminata senza preavviso; si arrabbiano con la app (mentre la colpa sarebbe del sistema operativo) e lasciano una recensione negativa di Vlc su Google Play Store, così danneggiando la reputazione del programma e scoraggiando altri utilizzatori dallo scaricarlo.
Ringrazio molto Andy perché mi ha fatto scoprire un
report interessante di Blancco sull’affidabilità dei computer da tasca. Il documento contiene vari punti interrogativi e ha bisogno di una lettura attenta, tuttavia sembra una realizzazione onesta con vari punti degni di nota. Per esempio, iPhone 6 e 6s sarebbero sensibilmente più propensi a guastarsi degli altri modelli; Samsung ha dati orribili rispetto ai concorrenti e però sta migliorando; eccetera.
Meglio non cercare coperture giornalistiche del report, tuttavia. Ci si imbatterebbe in un
articolo di Bgr che dal report, interessante proprio perché non fa di ogni erba un fascio, rabbercia fuori una patetica storia su un presunto mito della maggiore affidabilità di iPhone su Android che cadrebbe. Storia che ci può stare, se non fosse che il report parla di tutt’altre cose.
Non c’è niente da fare: i resoconti periodici di Backblaze sul funzionamento del loro esercito di dischi rigidi sono una delle letture regolari indispensabili su Internet.
Backblaze si è anche accorta che si tratta di un eccellente sistema per farsi pubblicità e guadagnare reputazione, per cui si impegna a rendere interessante anche nella trattazione numeri che già lo sarebbero per loro conto.
Questo trimestre il tema principale è il
confronto in affidabilità tra dischi consumer e dischi enterprise.
Pochi giorni di polemiche, per lo più sterili, e arriva
l’aggiornamento firmware che sistema la regolazione delle temperature sui nuovi MacBook Pro. Alcuni avevano constatato che le macchine limitavano la potenza del processore a un livello che portava le prestazioni sui livelli del modello precedente.
Il problema, ha spiegato Apple, è nella dimenticanza di una firma digitale. I dettagli non sono stati forniti e le ipotesi più plausibili ruotano attorno all’idea che il chip ausiliario T2, esclusivo di Apple e presente sulle nuove macchine, controlli l’interno del computer attraverso collegamenti cifrati e in assenza di un certificato sbagli oppure ometta operazioni vitali per avere il miglior compromesso tre potenza e temperatura. Apple si è pure scusata:
Colleghi la chiavetta e lanci il software di connessione. Questo apparecchio non esiste, è la risposta. Certo, che sciocco: l’anno scorso ti sei collegato con un Mac diverso.
Bisogna installare un driver aggiornato. Dove stava? Ne avevo parlato in un post. Una ricerca su BBEdit ed
ecco il link. A che serve un blog, se non come archivio delle cose utili?
Allestisci una connessione di emergenza e carichi la pagina. Che non esiste più.
Si potrebbe avanzare critiche a come funzionano i social o su come è la vita, appunto, sociale in rete se si fosse frequentato per un tempo significativo un Mud e familiarizzato con la comunicazione esclusivamente testuale in un ambiente a tema.
Si avrebbe l’idea di che cosa può essere la rete per favorire la comunicazione, anche tra sconosciuti, e la nozione di esistenza di contesti nei quali è possibile la convivenza e anche qualcosa in più.
Nel cercare di obliterare qualsiasi forma di vita software fuori da sé, Microsoft svolse assolutamente il proprio lavoro. Solo che violò le leggi antitrust, strangolò decine di concorrenti invece di offrire prodotti migliori, cercò di appropriarsi di Internet e in generale di farsi il deserto intorno. Cercare di dominare il mondo in sé è legittimo; la slealtà, il gioco sporco, i comportamenti illegali non lo sono. Microsoft non era un problema per quello che voleva, ma per come ci lavorava.