È apparsa ironia varia sulle opzioni di espansione di un Mac Pro che possono portare il prezzo sopra i cinquantamila euro. Trovo che
la risposta più seria sia stata scritta da MacDailyNews:
È un Mac professionale, non un giocattolo. Queste macchine sono per professionisti che spendono molto, molto più del costo di un nuovo Mac Pro e di Pro Display XDRs in fotocamere, treppiedi, illuminazione, equipaggiamento audio, tecnici eccetera. C’è stato un tempo in cui compravamo sistemi Avid Media Composer e Symphony che costavano con facilità l’equivalente di due, tre o anche quattro Mac Pro di oggi superaccessoriati e anche muniti di stand Apple Pro per gli schermi. Se devi chiedere quanto costa, Mac Pro non è per te; si presume che a te serva un iMac, un Mac mini o un MacBook Air.
Che bello leggere Asymco: ieri il vento ha ripulito il cielo e l’aria nei dintorni di casa mia e Horace Dediu ha questo potere di fare lo stesso, rendendo evidenti tendenze che lo sarebbero se i media non si muovessero come i proverbiali ciechi che si reggono a vicenda e finiscono nel fosso (con tutto il rispetto eh).
Dediu mostra
come sia stato iPod a cambiare la percezione di Apple presso il grande pubblico e iniziare la grande crescita che ha portato a oggi.
Potrebbe essere una notizia migliore, perché
l’amministrazione statale cinese rinuncia a Windows entro il 2022 non perché ci sia di meglio, ma per questioni politiche e commerciali.
È il diktat di un regime oppressivo, non una scelta basata su criteri ragionevoli.
Nondimeno, Windows sparirà dal trenta percento dei computer di stato entro il 2020, il cinquanta percento entro il 2021, l’ultimo venti percento per fine 2022.
Il punto è che si può fare. Si parla di un numero tra venti e trenta milioni di postazioni. Dire enorme è poco.
Ho scritto al supporto di
Bare Bones perché da un paio di versioni BBEdit non mostra correttamente a video il logo Apple che si ottiene da tastiera con Opzione-Maiuscole-8.
Nel documento il carattere è corretto e, per esempio, si vede giusto nella pagina Html prodotta nel browser a partire da un file Html o Markdown. Ma nella finestra di BBEdit appare solo un punto interrogativo rovesciato.
Mi hanno risposto subito.
Mi hanno ringraziato per avere scritto ancora (ovvero hanno verificato che sono un cliente storico. Per la precisione, in vent’anni avrò scritto al supporto quattro volte, non quattrocento).
ZdNet ha proclamato il Device of the Decade, l’aggeggio del decennio:
iPad.
Annunciato il 27 gennaio 2010, ovvero all’inizio degli anni Dieci che si chiudono tra tre settimane.
Il sito celebra a modo suo, con il titolo Perché ci ha messo nove anni ad avere il proprio sistema operativo?.
Le domande da porre sarebbero altre. Apple è stata accusata di avere smarrito la strada dell’innovazione e l’idea del device of the decade rimasto tale per dieci anni sembrerebbe un appoggio alla tesi.
Il fatto stesso che 9to5Mac titoli
Tim Cook è in Giappone a incontrare sviluppatori di app di età tra i tredici e gli ottantaquattro anni dovrebbe farci (ri)pensare al ruolo della programmazione come fatto della vita e elemento di cultura generale, più che di specializzazione o strettamente professione.
Masako san e Hikari san sono eccezioni, sicuro. Per quanto ancora?
C’è Dr. Drang che si diverte a
scrivere un programmino in Python per risolvere la prova di abilità linguistica di una trasmissione televisiva.
(Programmino nel senso della lunghezza; la dissertazione è interessante e certamente ci ha speso sopra ben più di un quarto d’ora).
Alla fine mostra un output del programmino.
Su un iPhone, dentro
Pythonista.
La sensazione è quella di un computer al lavoro sul software che gli è stato ordinato di eseguire. Ma forse mi sbaglio ed è solo un telefono.
Devo dire ancora qualche cosa sul tema degli
strumenti da usare a scuola primaria per introdurre i bambini al coding e al mondo del lavoro.
Piccola autopubblicità: ho scritto anni fa su Apogeonline di come George R. R. Martin
scriva la saga delle Cronache del ghiaccio e del fuoco, da cui arriva il Trono di Spade, su WordStar, un programma che compie giusti giusti quarant’anni, lo stesso che ha usato Arthur C. Clarke per scrivere la sceneggiatura del film 2010: Odissea due.
Rispetto al dibattito sugli
strumenti da usare nella scuola primaria per introdurre i bambini al coding e prepararli al lavoro del futuro, ho scoperto su Colossal che Diana Adrianne Smith ha l’hobby di
dipingere con Css.
Si possono vedere altre creazioni sul suo
sito personale.
Diana è una UI Engineer, tutto tranne che una artista pura. Ma evidentemente si è trovata bene al famoso
incrocio tra tecnologia e arti liberali.
Dov’è che entra in ballo la scuola?
Css è un sistema di marcatura del testo. Praticamente Diana scrive istruzioni che, tradotte in linguaggio naturale, sono cose tipo prendi un cerchio, deformalo in questa direzione, colora il bordo di giallo e l’interno di verde, fai il bordo spesso così e metti tutto in questa posizione. È il sistema per assegnare stili grafici e tipografici ai siti web.
Forse lo avevo già detto, però dirlo vicino a Natale magari ti porta un regalo inaspettato: caro
Tim, sono dispostissimo a pagare per
macOS Golden, una versione del sistema operativo che contiene zero virgola novità e sulla quale per un anno si è lavorato a nient’altro che risolvere bug, soprattutto quelli abbastanza fastidiosi da interferire nel lavoro e sufficientemente secondari da venire trascurati dai programmatori che ricevono altre priorità.
Ben Lovejoy
accenna a qualcosa su 9To5Mac e presso di me sfonda una porta apertissima; anche se non si tratta nel mio caso di bug in senso stretto, aggiungerei una solenne revisione delle combinazioni di tastiera, in modo da aumentare la coerenza del sistema e dovunque possibile la stessa combinazione abbia lo stesso significato. La complessità del sistema rende del tutto impossibile raggiungere la perfezione su questo, tuttavia si può fare molto e si dovrebbe.