Alla festa della birra del paesello, finale di serata con la tribute band dedicata a Vasco.
Sul palco, un Mac per la musica e un iPad per le luci.
Deviazioni spappolate quanto si vuole, ma sanno suonare e anche scegliersi l’equipaggiamento.
Tradizionalmente avvio una sessione di Angband quando esce una nuova versione e avrei dedicato volentieri qualche momento ferragostano alla bisogna, solo che in questi giorni accendo solo iPad, per il quale non esiste una versione giocabile.
Allora ho cercato succedanei. Il consiglio di quest’anno è certamente Cataclysm: Dark Days Ahead, ambientato in un allucinato e straniante dopobomba. Ho provato ad avviare il gioco senza leggere le istruzioni e in capo a pochi minuti virtuali il mio personaggio veniva sbranato dagli zombi.
Già detto: diverse attività umane sono gradevolissime da soli, ma in compagnia moltiplicano il loro valore ed ecco perché, pur se resto tifoso di FreeCiv, mi sono fatto coinvolgere, agosto galeotto, in The Battle of Polytopia.
Come strategico a turni a tema confronto/scontro di civiltà, ha il merito di essere molto veloce da capire e giocare, senza però banalizzarsi e perdere la complessità che è il sale di questi giochi.
MacBook Pro di punta e Xps15 di Dell condividono lo stesso processore Core i9, quindi offriranno prestazioni equivalenti, giusto?
Giusto, finché sono alimentati. Se lavorano con la batteria, MacBook Pro mantiene prestazioni costanti mentre invece Xps15 crolla e vince il premio portatile che funziona quando non lo è.
Nel frattempo, iPhone X dell’anno scorso batte nei test di velocità S9 e S9+ Samsung di quest’anno.
Quando ti dicono che tutto è uguale a tutto, alzano fumo.
Pezzo magistrale di Daniel Eran Dilger su Roughly Drafted, dedicato al doppio binario delle sciocchezze articolate attorno al business hardware di Apple.
Ogni volta che Apple è entrata in un nuovo segmento di mercato, si è levato il canto delle sirene espertoidi a fare salti mortali per giustificare la logica secondo cui sarà impossibile persino metterci piede nel nuovo mercato, per non parlare di cambiare le regole o raggiungere il successo commerciale.
Oggi HyperCard compie trentuno anni e lo voglio ricordare in modo adeguato, cioè ricordare come se ne è già parlato: un capolavoro del software che giustamente suscita nostalgie ed è una cosa bella (quanti software possono davvero suscitare una nostalgia?). Purché si vada oltre la lacrimuccia e la commemorazione, per accettare sfide di oggi con identico spirito.
In quanto la percentuale di nostalgia per il software, in realtà, è bassa. Quella alta è la nostalgia di come eravamo trentun anni fa e ci sta tutta, ma la verità finale è che la parte migliore della vita arriva tra un attimo.
Apple si è trovata davanti a una a una commissione parlamentare statunitense a spiegare che iPhone non registra né ascolta di nascosto le conversazioni che avvengono in sua presenza.
Atto dovuto, per carità, ma va ricordato che di tutti i possibili attentati alla privacy, quello microfonico è il meno probabile di tutti. Specialmente su iOS, dove una app deve chiedere forzatamente al proprietario il permesso di accedere al microfono, altrimenti non può nemmeno se vuole.
Sono finalmente a fare lavorativamente niente per qualche giorno e mi capita di leggere un servizio sul digital detox. L’opportunità di approfittare delle vacanze come occasione per spegnere tutto, uscire dalla rete e disintossicarsi. Suppongo da una intossicazione.
Questa è gente che sta davvero male e il digitale non c’entra.
In questi pochi giorni scatto qualche foto di più alle figlie, per inviarle – le foto – ai nonni. Che sono felici.
Da qualche tempo il mio watch è problematico. Ha smesso di aggiornare il circolo interno delle attività (l’alzarsi in piedi durante il giorno) e molto spesso, anche se non sempre, non invia più notifiche.
Ho provato a reinstallare il sistema, senza successo, e sto cercando di capire se su Internet qualcuno ha una soluzione, ma non è il punto. Invece, proprio smanettando e smadonnando attorno alle app e alle impostazioni, ho iniziato a riflettere sulle peculiarità delle app per watch.
Sì, tu. Convinto di dover usare Office perché te lo impongono i clienti, l’ufficio, un parente, Giove e Venere in quadratura. Ansioso di pagare un abbonamento per creare documenti di scarsa qualità con un programma sovradimensionato e semiostile. Fissato con la conversione dei documenti Word che ti mandano, che per motivi misteriosi sono uguali a se stessi sulla tua scrivania solo se li apri con Word (sai che sulla mia, quando va malissimo malissimo, manca un font e per il resto sono completamente uguali, e non uso Word da vent’anni?