Mentre leggevo su SixColors la trascrizione dell’annuncio degli ultimi risultati finanziari pensavo che:
hanno ridefinito l’uso del personal computer; hanno creato la musica digitale personale; hanno trasformato il cellulare in calcolatore; hanno reso le tavolette elettroniche un oggetto realmente for the rest of us; hanno cambiato per sempre il concetto di orologio; hanno messo un processore negli auricolari. Questo senza tirare in ballo traguardi minori, perlomeno quantitativamente, come portare a casa la sperimentazione più allargata mai effettuata sulle malattie del cuore oppure porre le basi del desktop publishing o ancora mettere in piedi i negozi monomarca più produttivi al mondo.
Molto meglio di tante parole e tanta propaganda sparata con il ventilatore: se vuoi valutare un politico, analizza la sua tipografia.
Pochi possono farlo meglio di Matthew Butterick, l’autore di Practical Typography, che ha messo in fila i candidati democratici alle presidenziali americane del 2020. E lui stesso spiega perché:
La tipografia è una decisione concreta che i candidati devono prendere oggi e spenderci denaro vero, con conseguenze effettive. Se non posso fidarmi che tu sappia scegliere una manciata di caratteri e colori in modo ragionevole, perché dovrei fidarmi a metterti in mano la valigetta con i codici per il lancio delle armi nucleari?
Apple ha avuto una trimestrale in linea con le (sue) previsioni, in leggero calo sullo stesso periodo dello scorso anno. La vendita degli iPhone è diminuita, quella degli iPad è cresciuta e parliamo dell’hardware che ha registrato le variazioni maggiori (Mac è in calo leggero, da fluttuazione). I servizi sono cresciuti di molto invece e non hanno mai contato così tanto.
Che cosa vuol dire in una manciata di righe?
Leggi di Apple che sarebbe sotto accusa perché martella le app che fanno uso di sistemi di Mobile Device Management per monitorare il comportamento di altri telefoni, quindi con strumenti di controllo a distanza (che è tutt’altra cosa). I più candidi lasciano intendere che la mossa faccia sparire app scomode per la funzione di Screen Time di iOS. Il New York Times titola addirittura Apple si accanisce sulle app che combattono la dipendenza da smartphone.
Scrive Benedict Evans a proposito di un tema assai scollegato dall’argomento di oggi:
Come ci siamo spostati verso strati di astrazione superiori (dalla riga di comando a finestre e mouse a multitouch, dal software locale a quello in cloud) qualche cosa sparisce nei livelli inferiori. […] Non usiamo più utility di deframmentazione né ci preoccupiamo di configurare l’hardware e, su un iPhone o un Chromebook, non dobbiamo preoccuparci dei virus.
Come per il lato finanziario, ci sono più modi di guardare alla virata di Apple verso lo sviluppo dei servizi. Li sintetizza bene Benedict Evans, nel numero di tre:
Iterazioni cadenzate e predicibili del prodotto News/Games/Apple Pay, che innovano zero ma risolvono problemi di semplicità/accesso/scoperta. Manager di prodotto che fanno management di prodotto. Tutti questi prodotti tendono a rendere più probabile che il prossimo telefono acquistato sia un altro iPhone e naturalmente incrementano il fatturato.
Se ricapitolo bene, abbiamo un computer da tasca prossimamente in vendita per quasi duemila dollari, che si spacca nelle mani dei recensori privilegiati prima ancora della data di uscita (in misura sufficiente da fare slittare la data) e che di cui non si può divulgare lo smontaggio.
Sull’ultima notizia bisogna dire che Samsung ha qualche ragione, dato che correttezza imporrebbe anche a iFixit di attendere l’uscita ufficiale prima di pubblicare il teardown.
Dr. Drang, piuttosto che inserire a mano quaranta valori numerici in un form, scrive una macro in Keyboard Maestro dopo avere ricavato i valori da una pagina web data in pasto a Numbers.
A metà strada, si vergogna un po’ di avere usato Numbers e descrive la riga di comando Unix che avrebbe raggiunto gli stessi scopi.
La spiegazione di molto di quello che tutti abbiamo da imparare arriva in fondo:
La Apple di questo secolo dispone di denaro pronta cassa in quantità sconvolgenti e c’è sempre qualcuno che spiega all’azienda che altra azienda dovrebbe comprare.
Fortunatamente, come racconta Above Avalon, Apple impegna la propria fortuna in modo diverso: acquista… se stessa. Anno dopo anno, vengono acquistate da Apple azioni Apple sul mercato e si va verso i quattrocento miliardi di dollari.
È facile vedere la situazione da un punto di vista meramente finanziario.
Avevo già scritto in passato come Swift Playgrounds mi avesse lasciato una sensazione di voler ritornare dopo il primo impatto e confermo l’impressione positiva dopo qualche lezione, beh, no, partita, no, puzzle, insomma, diciamo esperienza.
La materia effettivamente viene semplificata al massimo eppure non è puerile. È richiesta attenzione ed è chiaramente possibile provare e riprovare, imparando dagli errori. Centrare l’obiettivo al primo colpo è immediato all’inizio e poi diventa elusivo in modo molto graduale.