Le storie brevi della Eclectic Light Company dedicate a Mac mi affascinano circa tutte e in questo periodo ne girano alcune anche meglio della media, come la
breve storia dei font in macOS.
Come è consueto per il formato, c’è tutto quello che vale la pena di sapere in formato compatto e svelto, piacevolissimo da leggere. La storia c’è tutta, da quando Macintosh era l’unico computer ad avere un concetto di font fino all’oggi, con la varietà infinita di caratteri e possibilità di cui disponiamo.
Una cosa che non avevo proprio mai considerato:
Pandoc può essere usato con profitto non solo documenti, ma anche equazioni.
Dr. Drang sale in cattedra da par suo e spiega come convertire
LaTeX in MathML con l’aiuto di Pandoc, allo scopo di pubblicare su web equazioni perfettamente formattate come quelle che si vedono sul suo blog.
Nulla è perfetto, nemmeno Pandoc, e c’è sempre qualche sistemazione di dettaglio prima di avere un lavoro perfetto in ogni condizione di complessità. Però, accidenti se aiuta e gli script e i consigli di Drang saranno di aiuto a più di qualcuno.
Ho dato l’addio alla mia veneranda
AirPort Express.
Si accende ma, dopo trenta secondi di led giallo, la spia si spegne e non accade più nulla. Ho provato tutti i reset possibili per il modello, a lasciarla riposare e raffreddare, cambiare cavo e presa, ma niente. Questo post è il suo canto del cigno e, d’altronde, da anni stava a valle di un modem comunque provvisto di Wi-Fi. Siamo passati alla rete Wi-Fi del modem e tutto funziona. Anzi, andiamo a cinque gigahertz.
Ho provato a pensare al volo quale sia la differenza principale tra bundle, package e framework in macOS.
Non ce l’ho fatta.
Ci ha pensato The Eclectic Light Company, con un
articolo quasi risolutivo. Quasi perché le differenze consistono principalmente nella struttura interna dei tre componenti. Solo che uno può stare dentro l’altro e ci sono eccezioni.
Ho provato a sintetizzare ulteriormente l’articolo ma è impossibile o quasi.
In nome del secondo quasi raccomando la lettura dell’articolo, se anche minimamente interessati alla struttura interna di macOS.
Un matematico di grande reputazione pubblica su un social la tabella delle sue elaborazioni riguardanti un prossimo evento di grande rilevanza.
Affida la creazione della tabella a ChatGPT.
Tre quarti delle colonne della tabella hanno il totale sbagliato.
Così grande era il bisogno di affidarsi a un chatbot, nell’immensità del mare dei dati, che me ne sono accorto in dieci secondi, perché per curiosità ho provato a sommare i numeri a mente.
L’informatica personale esiste da decenni e ci sono due manie che permangono nonostante gli ormai numerosi esiti di realtà che dovrebbero meglio consigliare: l’inchiostro elettronico e il telefono stupido, o dumb phone.
Abbiamo toccato un apice con la presentazione di un
dumb phone a inchiostro elettronico: schermo come la carta, è più piccolo della media e fa meno cose.
Vorrei chiarire che sono due ottime idee. Come la realtà virtuale e l’automobile volante. Ottime idee le cui lacune hanno impedito finora una commercializzazione di massa.
Sembra una parodia o uno scherzo, invece è cosa serissima:
Brett Terpstra cerca lavoro.
Un signor sviluppatore, nella piena maturità, di capacità comprovate, attivo in più di una comunità di tecnici, con un sito costantemente aggiornato e varie app e utility di sua firma.
Eppure si metterà a inviare curriculum e a mettersi in gioco.
Non so se sia un segno di ottimismo o di disastro imminente.
Per caso interessa una specializzazione in machine learning?
È appena partito un
corso su Coursera.
Due mesi, dieci ore a settimana, scheduling autonomo.
Tra gli istruttori:
Andrew Ng. Offre Stanford. C’è da pagare Coursera, ma è una frazione minuscola dell’equivalente del valore del corso.
Se non si capisce che cosa veramente può portare la rete in campo di istruzione, si mancano di brutto i prossimi trent’anni. Machine learning o meno.
Da giocatore di basket, quando avevo le giornate sì, quelle in cui qualsiasi tiro entra, tutto viene facile, danzi sull’avversario, dicevo colloquialmente che avevo la mano grande. L’impressione era che la palla fosse un giocattolino leggero e addomesticato, di cui disponevo con facilità, così piccolo rispetto alla mano.
Ovviamente, nelle giornate no sentivo di avere la mano piccola.
Da tempo la scienza ha dato un nome serio alla condizione da giornata sì: il flow, il flusso. Il flusso esiste come condizione virtualmente in qualsiasi attività umana. Questo è
l’inizio della giornata secondo Terrible Software quando tutto, per un programmatore, gira bene:
Accennavo all’esistenza di Sunderfolk, uscito esattamente ieri. La sera stessa abbiamo provato a giocare assieme, ognuno da casa propria, con il tutorial del gioco.
Sunderfolk vuole recuperare l’esperienza di quando si giocava gomito a gomito sul divano di casa o in un LAN party. Il risultato è buono: il possessore del gioco, nel nostro caso, ha condiviso lo schermo su Meet e, grazie alla app companion, in tre abbiamo giocato collaborativamente, come seduti attorno a un tavolo.