Il premio non ci voleva molto 2021 viene assegnato a The Verge nella persona di Monica Chin, autrice dello scoop
Apple dice che ora puoi fare il build di una app su iPad, ma gli sviluppatori dicono che la realtà è diversa.
L’articolo è un capolavoro di vorrei ma non capisco. All’inizio ci aspettavamo una serie di novità per iPad che non sono arrivate (ognuno aveva la sua lista, come tutti gli anni); poi scopriamo che Swift Playgrounds consente di fare il build di una app e mandarlo su App Store (a smentire il titolo, costruito come se la premessa fosse una mezza bugia).
Il livello della stampa quotidiana italiana, specialmente nelle versioni telematiche, non è esaltante e da molto tempo ho smesso di perdere tempo con quei siti. In compenso pago molto volentieri Giorgio Dell’Arti per la sua
Anteprima, newsletter quotidiana nei giorni feriali che spreme le cose sensate e interessanti dalle edizioni cartacee e le mette insieme in una rassegna perfetta per cominciare la giornata.
Dell’Arti è un giornalista vecchia scuola con un talento mostruoso per l’archiviazione e il ritrovamento delle notizie di archivio. Non è un informatico ma neppure uno sprovveduto: vista la sua passione per gli archivi, qualche computer deve maneggiarlo; Anteprima viene erogata via
Mailchimp, una piattaforma professionale, facile da approcciare quanto impegnativa per farci un prodotto editoriale in abbonamento pagato; organizza stanze su
Clubhouse. È consapevole. In più Anteprima è lunghissima, tutti i giorni, e tra copiaincolla e scrittura originale richiede uno sforzo significativo di composizione di testo. Lui scrive davvero e tanto.
Dopo che è trascorso qualche anno dal 1984, ho compreso che Mac, come tutti i grandi marchi che finiscono per diventare una sineddoche della propria categoria di prodotti, rappresenta molto più del computer iconico di Apple.
Almeno per me.
Quando dico Mac, penso a un insieme di hardware e software che rivoluziona un’attività umana rendendola incredibilmente semplice e accessibile rispetto a prima.
È successo così con il computing, naturalmente. E si può proseguire a definire Mac anche per il suo opposto: le attività dove manca un Mac e così restano esoteriche, di pochi, difficili.
Una copertura davvero controcorrente di almeno un aspetto di WWDC? Il problema della documentazione, molto ben trattato da The Eclectic Light Company, per il cui autore rappresenta
L’elefante a WWDC.
Non si parla della documentazione per l’utente finale, del mitico manuale, ma proprio di quella per gli sviluppatori. Apple sta realizzando un nuovo sistema per produrre documentazione, denominato DocC, che però sarà un contenitore e poco farà per risolvere il problema della carenza di buone descrizioni del funzionamento interno del software Apple.
Per capire quanto sia progredito iOS e quanto abbia attorno un ecosistema evolutosi in maniera impressionante negli anni, va guardato OldOS, un progetto di
iOS 4 riscritto in SwiftUI.
Uno splendido articolo in italiano, documentato, approfondito, comprensibile:
Chi ha ucciso l’app Immuni e perché. Si avvicina il fine settimana e c’è il tempo per fare qualcosa oltre la solita routine. È leggere questo articolo.
In perfetta congiunzione astrale, Linus Torvalds, il creatore di Linux e una persona che non le manda a dire, si è espresso in
termini che per lui sono moderati su una mailing list degli sviluppatori Linux, a proposito di un commento antivaccino:
Una vita sui roguelike non è stata vissuta invano, se TechCrunch titola
La pluridecennale avventura Ascii NetHack può suggerirci il futuro dell’intelligenza artificiale.
La lettura spiega che algoritmi e apprendimento meccanizzato possono fare a pezzettini qualsiasi giocatore umano di scacchi o di
Go, così come di
Dota 2 per fare un nome a caso.
Quando si arriva a NetHack, però, l’intelligenza artificiale si comporta molto peggio di un uomo. La ragione è la grande complessità interna del gioco, dovuta tra l’altro alla pazzesca varietà di interazioni tra i componenti del gioco.
Nella
finzione scenica di Wwdc, Tim Cook ha parlato davanti a una platea popolata di Memoji, a rappresentare gli sviluppatori idealmente presenti.
C’è chi l’ha presa per una baracconata o una
profanazione di un luogo che alla fine dei conti è intitolato a Steve Jobs; una caduta di stile, un abbassamento del livello.
Mi piace molto questa evoluzione globale dell’ecosistema, dove i diversi apparecchi non sono isole di un arcipelago, ma tappe di un viaggio, e non c’è uno strumento unico per tutti ma versioni ideali di uno strumento per ciascuno.
È il
keynote Wwdc più logisticamente complicato che ho vissuto, perché tra famiglia, lavoro, intoppi, imprevisti e sonno ho speso una volta e mezzo la sua durata e ancora devo vederlo tutto. Tuttavia la portante mi pare chiara.
Inizio a lavorare abbastanza tardi nella giornata. Oggi ho fatto eccezione e sono stato gratificato da una notifica di Screen Time: settimana scorsa sono stato davanti allo schermo di Mac, in media, l’undici percento in meno del tempo.
Solo qualcosa più di undici ore.
(Poi ci sono gli altri schermi, naturalmente).
Il numero della bestia, insomma. Quella da soma.
(Si scherza, eh? Anzi, se si reggono certi ritmi è proprio perché usare un Mac è assai più rilassante di tutto quello è che altro.)