Sarebbe bello che fosse già la vigilia di Natale, ma devo accontentarmi del video di Apple,
Saving Simon. Che in fondo è una lezione sul sapere aspettare. Oltre che sulle possibilità cinematografiche di iPhone 13 Pro.
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Si è chiusa da poco la
Interactive Fiction Competition, con il risultato netto di mettere a disposizione settantuno avventure testuali create per la partecipazione alla gara.
Se nessuna di esse sarà capace di scatenare l’immaginazione di un lettore-giocatore come e più di qualsiasi sparatutto, più o meno di massa e più o meno online, sarà per mancanza di talento degli autori, non certo per la stanchezza della formula.
Un ipertesto interattivo ben congegnato batte qualsiasi altra forma di intrattenimento equivalente. E così continuerà a essere. Ciò che dorme nel nostro cervello e aspetta solo un catalizzatore è sempre superiore alla nostra capacità di espressione spontanea.
Sui fatti come stanno, bastano tre righe
di John Gruber:
Il
Self Service Repair Program è esattamente quello che è stato annunciato: un programma per persone realmente intenzionate a riparare i propri apparecchi, pertanto irrilevante salvo che per una piccola fetta dell’utenza.
Molto semplice. Eppure si legge una insistenza ideologica a vederci dietro congiure, rivoluzioni, cambiamenti radicali che fa impressione da quanto riesca a sfidare la logica e il buonsenso.
Esisterebbe per cominciare un diritto alla riparazione, completamente sganciato – come è d’altronde di moda – dal dovere di sapere come fare, teorico e pratico. Negli anni ottanta qualsiasi smanettone si poteva sentire in dovere di aprire il proprio modem, nel caso si fosse desiderato aggiustare o modificare qualcosa. Poteva anche riuscirci. Oggi, quello stesso modem è un chip grande come un’unghia, con tracce che solo un ottimo microscopio può mostrare. È stato tolto un diritto alla riparazione oppure il progresso ci ha permesso di mettere in mano un modem a quattro miliardi di persone?
Ho cercato recentemente di mettere in piedi un server di posta elettronica su un mio dominio e di farlo da solo, recuperando via rete le competenze necessarie passo dopo passo. Non ci sono ancora riuscito; è un procedimento che chiede grande familiarità con installazioni di più software a basso livello, la compatibilità reciproca dei quali spesso dipende dall’intuizione di chi installa più che dall’intesa collaudata su protocolli precisi. Dipendenza dopo dipendenza, peculiarità dopo peculiarità, sono arrivato a un punto che non riesco a passare e per cui non emerge alcun aiuto dalla rete. La mancanza di tempo e concentrazione fanno il resto. Il lavoro è da finire.
Di punto in bianco, l’altra sera la app di PosteID si è rifiutata di autenticarmi con Spid sul servizio PagoPA cui la scuola ha demandato la raccolta delle quote per la gita scolastica della primogenita. Ovvero niente di che, a parte il fatto che ritrovarsi senza la propria identità digitale può davvero diventare fastidioso, per non dire peggio.
La app reagiva a qualunque tentativo di accesso con il messaggio si è verificato un errore. Dal sito l’autenticazione per nome e password risultava scorretta; dopo tre login non riusciti, Poste blocca l’account per mezz’ora e si intuisce come cercare di risolvere un problema di password sotto queste condizioni non sia da augurare ad alcuno.
Possedere una copia di Super Mario 64,
seguire le istruzioni e compilare una versione del gioco, perfettamente legittima, che gira su tv, grazie a Xcode e a un Mac.
Non serve veramente a nulla ma insegna una montagna di cose. Soprattutto, espone a nozioni che si potrebbero volere approfondire, a sapere che esistono. Di modi per saperlo, questo è uno dei più interessanti che abbia visto ultimamente.
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Ho caricato Mac al cento percento e ho staccato l’alimentatore.
Per prima cosa, ho trattato cento file Tiff da centocinquanta megabyte ciascuno in
Starry Landscape Stacker. Il rendering ha impiegato quattro minuti e ventiquattro secondi, al termine dei quali la batteria era sempre a cento percento (le ventole sono rimaste silenziose).
Per seconda cosa, ho lanciato un test
Cinebench, che è terminato nel giro di alcuni minuti e ha lasciato la batteria ancora al cento percento.
Apple viene spesso chiamata in causa per avere realizzato il walled garden, il giardino recintato, cattivo perché chiuso e per negare a chi lo popola la libertà di volere tutto e il suo contrario.
È appena scoccato il ventiseiesimo compleanno di
FreeCiv e da un mesetto il gruppo degli sviluppatori riceve feedback rispetto alla terza e ultima beta di FreeCiv 3.0.
Dai commenti sembra di capire che finalmente ci sarà la compatibilità Mac.
Due belle notizie, per la comunità open source e per quella di macOS. FreeCiv interessa chiaramente agli amanti del genere; per loro, però, è una bomba.
Si avvicina Natale e poche cose fanno meglio al mondo del software che una donazione, anche minuscola, a progetti software liberi e di qualità di cui tutti possono beneficiare a costo zero. In che altro settore industriale, sociale, materiale, animale, minerale può mai accadere qualcosa di simile?