Tim fu Telecom Italia che indietro per li rami fu la SIP, ereditiera dell’acronimo dalla Società Idroelettrica Piemontese per fare tutt’altro: porre le basi storiche e infrastrutturali dell’inadeguatezza della rete italiana, che tuttora è rimasta indietro e non potrà ragionevolmente recuperare per decenni. Un Paese condannato alla zoppia tecnologica da generazioni di inetti, i cui prodotti ho giurato fermamente di evitare da qui all’eternità, non importa a che prezzo.
Tutto ciò ha creato una situazione interessante nel momento in cui la mia via è stata cablata in fibra e di fatto ho una colonnina letteralmente a qualche metro da casa, in linea d’aria.
Adobe vuole venti euro al mese per usare InDesign, che però a me
serve pochi giorni, tre volte l’anno. Provo a uscire dall’abbonamento mensile e Adobe chiede centonove euro per riparare allo sgarro.
Uno dice beh, però il software è sempre aggiornato e migliorato.
Infatti installo
macOS Ventura, come chiede Mac mini. L’antimarketing indipendente degli acchiappaclic ha detto di Ventura molto male e chissà, magari hanno ragione, si è appena finito di installare.
La
terza versione di Apple Frames di Federico Viticci è compatibile con tutte le nuove uscite, più veloce, scritta meglio, più completa, più furba, semplice e complessa e meravigliosa.
È gratis, funziona su iPhone, iPad e Mac; parlando specialmente a chi dice che è finito il tempo in cui si smanettava su Mac, non è una app, di quelle difficili (quanto fare un po’ di percorso con
Swift Playgrounds) e dolcemente complicate. È un comando rapido, una shortcut, una scorciatoia. Lo stesso genere di complessità e difficoltà dal quale ho tirato fuori uno stupido loop che chiede operazioni a caso dalle tabelline per fare ripassare Lidia quando siamo in macchina.
Dedico il prossimo quarto d’ora di pausa
all’intervista concessa da David Bowie a Jeremy Paxman della BBC.
Sono minuti preziosi perché a un certo punto del 1999 Bowie inizia a parlare di Internet, del suo coinvolgimento, di che cosa significa per tutti, che cosa diventerà.
La rockstar si rivela presciente, preparata, non preoccupata, molto interessata: Internet porterà conseguenze entusiasmanti e terrificanti. Paxman replica è uno strumento e Bowie risponde fermo no, è una forma di vita aliena.
Chi vuole indietro HyperCard non ha ragione; bisogna comunque andare avanti. Chi vuole i concetti di HyperCard invece ha ragione da vendere, come testimonia l’articolo (la gemma, nel loro gergo) di Fibery sugli
strumenti ipertestuali degli anni ottanta.
La lettura è agevole, una dozzina di minuti, nonostante il tema sia bello denso. Velocemente.
Nel 2020 stiamo cercando di recuperare concetti che, se non fosse arrivato il web, ci avrebbero portato molto lontano (o almeno avrebbero potuto).
Uno dei connubi più felici tra umanesimo e tecnologia digitale rimarrà per sempre il gioco di avventura testuale, che in più di un caso ha raggiunto vette degne del valore artistico e che ha portato milioni di persone a esprimersi (nel caso degli autori), viaggiare con la mente, imparare lingue nuove, divertirsi, accettare sfide.
Diecimila dollari (in aumento) sono il montepremi raccolto pubblicamente per l’edizione 2022 della
Interactive Fiction Competition. Otto dollari su dieci verranno distribuiti tra le oltre settanta avventure in gara e gli altri due a sostegno delle spese della Interactive Fiction Technology, Foundation, che organizza.
Dovrei attrezzare un post come si deve e ho materiale per scriverne almeno quattro. Invece finirò la settimana dentro la
prigione di ferro e spero di
annientare un esercito di o e O prima di dormire. Comprensione, grazie.
Mi si ricorda che John Gruber
non sopporta Arial e Courier New, i font infestanti con cui Microsoft combatte la tipografia fatta come si deve e la libertà di espressione conseguente. In fin dei conti è una delle ragioni positive per cui seguo Gruber.
Vengo a sapere che Gruber ha chiesto a Jeff Johnson, sviluppatore di
StopTheMadness, di aggiungere una funzione per cambiare automaticamente il font delle pagine web visitate, nel caso ci siano tracce di infezione da Arial e Courier New.
Dopo qualche aereo e molti treni, tutti regionali, ho preso un Frecciarossa, in andata e al ritorno. Non succedeva da prima della pandemia.
All’andata, su settantaquattro minuti previsti, il treno ne ha aggiunti venticinque. Al ritorno, dieci più cinque che aveva cumulato prima di arrivare.
Sulla stessa tratta, fino al 2019, ho viaggiato molte volte, su Frecciabianca. Il Frecciabianca, seppure con qualche ritardo occasionale, è sempre stato meno lento.
Insomma, il Frecciarossa è lento.
Ci sono zilioni di sistemi assolutamente magici per generare slide a partire da testo Markdown e li adoro.
Ma arriva il momento in cui ti serve una presentazione fatta e finita, pregevole, in poco tempo.
Oggi ho provato a lavorare in modalità Outline. Ho abbozzato il testo in pochi attimi, letteralmente. Poi ho adeguato gli stili del layout scelto al font che volevo e infine ho inserito le immagini.
Pochi ritocchi finali, neanche due ore e avevo tutto praticamente pronto. Le mie slide sono sempre minimaliste, però c’è un elemento di complessità anche in questo.