Passo prima da Daring Fireball perché l’articolo del Washington Post sta su un sito irritante nel continuo richiedere iscrizioni, abbonamenti, scelte di lettura fino a precluderla, la lettura.
La sostanza è che Burger King ha trasmesso uno spot televisivo che ha indignato Gruber e il Post per la presenza di un apostrofo tipografico sbagliato, ‘em invece di ’em.
Nel mio piccolissimo, condivido l’indignazione. La punteggiatura fa parte del linguaggio e quindi della piattaforma comune per scambiare informazione. Un conto è che la piattaforma evolva, un conto è sbriciolare la ricchezza cui l’ha portata l’evoluzione.
In Italia si fa strame degli apostrofi tipografici ovunque ed è solo una parte del problema, che è nazionale. Quotidiani, siti di editori, pubblicità sui media di prima fascia ignorano o trascurano l’aspetto tipografico alla prima occasione, non appena c’è di mezzo un impaginatore sufficientemente ignorante oppure un copywriter improvvisato. Il controllo, la supervisione, la rilettura non esistono più (questo blog è famoso per i suoi refusi, ma non per gli apostrofi e gli accenti. I refusi sono una parte inevitabile seppure fastidiosissima dello scrivere).
Il peggio assoluto sono quelli che scrivono come programmano. E che non programmano, ma scrivono. E occasionalmente neanche sanno scrivere, per cui usano gli apici, quelli diritti, quelli non tipografici, quelli riccioli, quelli curvi, quelli come la schiena del 6 o del 9, quelli che ognuno chiama come gli pare ma sono sempre quelli.
Sono le vittime inconsapevoli della grande rapina compiuta dall’informatica cinquant’anni fa. Ci diedero macchine con i caratteri Ascii, duecentocinquantasei se andava bene e non erano centoventotto. Era molto avere le accentate e infatti i PC non le avevano, o erano nascoste negli inferi del sistema. Lì i primitivi impararono ad accendere il fuoco e a scrivere lettera-più-apostrofo in luogo dell’accento.
Poi arrivò Macintosh. Arrivò la LaserWriter. Arrivarono i font. O meglio tornarono; l’informatica aveva rimosso in pochi anni secoli di sapienza tipografica, di grazie ma anche di grazia, di bellezza, di eleganza. Era l’inizio del ritorno.
Poi Unicode, poi i Css, poi gli schermi Retina. Non siamo ancora alla Restituzione Totale del Bottino; mancano ancora tante cose. Tuttavia è di nuovo possibile praticare buona tipografia.
Il peccato più grave è insistere a non accorgersene e allevare ancora una volta nuove generazioni agli apici dritti, agli apostrofi usati come accenti, alla confusione mentale di chi dovrebbe sapere scrivere débâcle, non per sapere il francese, ma per sapere produrre un circonflesso.
Se la fine del mondo si avvicinerà, la riconosceremo dai segni. Soprattutto da quelli che saranno spariti nell’indifferenza. Difendiamo i segni del linguaggio.