Oggi giornata con trofeo di caccia: sono tornato a casa forte di una copia autografata di Podcast e di una piacevolissima chiacchierata con Matteo Scan-do-lin , tradotto: l’uomo che conosce i giusti ristoranti giapponesi.
Abbiamo naturalmente parlato di podcast, perché lui è un maestro (nel vero senso della parola, dato che fa formazione sui podcast, oltre che fare podcast) e dialogare con lui à portare a casa conoscenza preziosa, soprattutto per uno che non nasce podcaster ma si lascia volentieri irretire da tipacci come gli artefici di A2 .
Durante la pandemia mi sono reso conto di quanto il video fosse un componente fondamentale dell’interazione con le persone; ma c’è voluta la comunità del podcast per portarmi a capire come la voce sia il componente fondamentale. Se ti sentono male, o peggio se ti sentono con un audio trascurato, neanche il miglior sfondo virtuale può salvarti. Se l’abito fa il monaco, cosa che non ho mai creduto, la voce fa l’anima e accidenti se è vero.
C’è anche un’altra cosa. Steve Jobs ha lasciate dette tante cose, ma quella dell’ intersezione tra tecnologia e arti liberali , pur avendo fatto meno rumore di altre, dovrebbe comparire nei libri di storia.
Le arti liberali erano tali perché chi le padroneggiava poteva mantenersi libero e una di queste era la retorica, inteso come nome di disciplina e non come discorso noioso e pomposo.
I podcaster sono i retori del nostro tempo, quelli veri a dispetto dei miliardi di interazioni dei video su TikTok. Gente che si mantiene libera, che ci mantiene liberi.
Da Matteo, Filippo, Roberto e tutti gli altri imparo ogni giorno un’altra necessità che Jobs aveva intuito: arrivare a dare alla gente quello che la gente non sa di volere. Non è colpa della gente né merito di chicchessia, siamo semplicemente fatti così come specie. Non sappiamo realmente quello che vogliamo e a volte abbiamo bisogno di qualcuno che ce lo dica, con voce pulita, passione e sense of humor.
Domani, anzi, oggi è già possibile fare parlare una voce artificiale come se fosse la nostra. A brevissimo qualcuno compierà la tragica crasi e registrerà podcast con testo creato da un sistema generativo e la propria voce riprodotta dal software specializzato.
Saranno cose di una noia mortale che agevoleranno il prossimo inverno dell’intelligenza artificiale.
I podcaster. Gli ultimi che rimarranno indelebilmente, irresistibilmente, fantasticamente umani. Artisti liberali.
E adesso tutti a prendersi un microfono come si deve, ché gli altri per sentire male, alzare lo stress e provare fastidio, hanno già le chiamate WhatsApp.