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Dal mondo Apple all'universo digitale, in visualizzazione rapida dell'ovvio

11 ago 2020

L'innesto della coerenza

Lo specchietto per allodole era l’interfaccia grafica, mentre la magia esoterica con cui il primo Macintosh irretiva le folle era la coerenza.

I comandi e le procedure di base erano le stesse, su qualunque programma. Si potevano lanciare decine di applicazioni diverse, però tutte erano esempi di uso di Macintosh: il primo computer che, diversamente da un cassone pieno di programmi difformi, aveva un’identità.

La coerenza si è diluita nel tempo, inevitabile scotto della crescita del mercato. Prima un’applicazione si metteva al servizio dell’utilizzatore; oggi è una testa di ponte nella guerra per l’attenzione e i portafogli.

È anche cambiata la tecnologia a disposizione: lanciare sette macchine virtuali con altrettanti sistemi operativi è solo questione di risorse. Il valore aggiunto della coerenza, in questo scenario, si riduce.

Questa è una delle spiegazioni del caso di quelle persone che adorano Mac al punto di volerlo usare attraverso il Terminale. Il Terminale ha caratteristiche proprie ma, soprattutto, è molto coerente. Fino a che l’uso resta semplice, i comandi sono sempre quelli e i nomi sono talmente concisi e peculiari che sostituiscono la discoverability, altra grande dote della prima interfaccia di Mac.

Che la coerenza abbia poco valore, oggi, lo dimostrano iOS e iPadOS: ambienti dove la logica touch e le dimensioni ridotte dello schermo la emarginano senza pietà. La discoverability attraverso l’evidenza dei menu lascia il passo a quella per tentativi e interazione curiosa. Se prima si imparava a usare una app con metodo, oggi lo si fa con l’esplorazione. Ogni tanto ci viene detta una cosa in più.

Per via di queste premesse l’esperimento di a-Shell (assolutamente da leggere in inglese) è affascinante: un Terminale, ad alta coerenza, per apparecchi dediti al touch e che non la concepiscono, by design.

Open source, gratis, voluminosa, a-Shell è la cosa più vicina a un vero Terminale che si poteva realizzare da fuori Apple. Si possono scaricare comandi Unix aggiuntivi, manipolare file, editare testi, passare elaborazioni ad altre app, programmare in svariati linguaggi, compilare in C (quelli che non è un computer…), persino usare LaTeX.

Sono volutamente svelto sulla parte tecnica, perché la vedo totalmente secondaria. La vera sensazione è la proposta di un ambiente testuale su una piattaforma touch e soprattutto una piattaforma proteiforme. Un Macintosh dei tempi gloriosi faceva qualunque cosa e restava un Macintosh. Un iPad non è mai un iPad; diventa ciò che sta girando in primo piano.

L’innesco della coerenza su sistemi anticoerenti produce una chimera con superpoteri o una esplosione devastante di inutilità? La risposta a quando avrò totalizzato un tempo di uso ragionevole.

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