Finalmente qualcuno ha avuto il coraggio di scrivere chiaramente che, oltre al tempo passato davanti a uno schermo, conta che cosa si sta guardando.
Sembra ovvio buonsenso considerare la visione di un documentario di National Geographic più salutare di due ore di cartoni animati (da genitore apprendista, aggiungo che sono meglio buoni cartoni animati che certa sbobba di YouTube). Eppure è difficilissimo fare passare il messaggio nelle famiglie e nelle istituzioni.
L’articolo di TechCrunch non è una panacea ma aiuta moltissimo, anche in virtù dei link a vari studi scientifici ed esperienze pratiche. Ci sono ragazzi con screen time fortemente contingentato che poi all’università faticano più della media; chi legge su carta e anche su iPad rende di più; ci sono programmi didattici che monitorano il comportamento di chi li usa per individuare le lacune e proporre lezioni personalizzate.
Questo e altro ancora. Fare girare, portare nelle assemblee di classe, dai parenti meno informati eccetera. Chi si oppone per partito preso a un uso intelligente e bilanciato degli strumenti digitali ha davanti lo schermo peggiore di tutti: il pregiudizio.