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Dal mondo Apple all'universo digitale, in visualizzazione rapida dell'ovvio

15 dic 2025 - Software

Una piaga inestinguibile

La lotta – ma verrebbe più da chiamarla missione, nel senso della quest fantasy – per affermare la buona tipografia e quindi la buona civiltà nel digitale va ben oltre situazioni molto chiacchierate, in modo superiore alla loro importanza, come le diatribe su Times New Roman o Calibri dentro le amministrazioni statunitensi.

Un passo molto più fondamentale è invece depotenziare ed emarginare progressivamente come si merita quella piaga tipografica che è Arial. Ci si può misurare in un test per vedere se riusciamo a distinguere Arial da Helvetica. La tristezza, scrivevo, è che se fossero varietà di formaggio, il non riuscire a cogliere la differenza sarebbe un’onta gastronomica. In campo tipografico digitale, invece, vabbè-tanto-sono-uguali.

Fa bene leggere come è nato Arial e soprattutto della sua natura di copia manifesta ma al tempo stesso non esplicita. Il peggio:

Monotype era una fonderia digitale rispettabile e forse trovava inaccettabile l’idea di essere associata a una qualche forma di pirateria. Così sviluppò un design “originale” che, guarda caso, condivide esattamente le proporzioni e i pesi con un un altra famiglia di caratteri. A mio parere, questo è quasi peggio che copiare sfacciatamente. Una copia, si può argomentare, in virtù della propria stessa esistenza passa per un omaggio (anche se non per i diritti di licenza) all’originale. Arial, invece, pretende di essere diverso. Dice “non sono Helvetica. neanche assomiglio a Helvetica!”, per poi infilare i piedi nelle stesse scarpe. Difatti, non ha alcun altro scopo.

Emarginazione, depotenziamento, ludibrio, disprezzo. Quello che si vuole, basta che porti a un documento in meno composto – sempre senza dirlo, senza saperlo, senza scegliere, senza intelligenza – con il virulento e nocivo Arial. Un altro proposito 2026.

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