L’amministrazione Trump è un disastro assoluto che porta gli Stati Uniti a una involuzione come mai si era vista prima, nociva e preoccupante.
Fatta la doverosa premessa, bisogna distanziarsi necessariamente non solo nel giudizio, ma anche nei modi. Se la cifra dei trumpisti prevede l’approssimazione, la disinformazione, la bugia ripetuta fino a trasformarla in verità e la post-verità generata direttamente senza neanche la fatica di partire da un dato di realtà, noi dobbiamo essere precisi, informati, basati sui fatti e capaci di valutare con equidistanza e competenza le situazioni.
E mi riferisco alla situazione in cui la presente amministrazione ha revocato l’uso del font Calibri nelle comunicazioni ufficiali, introdotto dallo staff di Joe Biden, per tornare al Times New Roman che è il font utilizzato storicamente da tutte le altre amministrazioni precedenti, senza distinzioni tra democratici, repubblicani, alt right e woke left.
La decisione è passata sui media come appunto un gesto di lotta contro la cultura woke ma, soprattutto, contro l’accessibilità, che sarebbe stato il marchio di fabbrica di Calibri, mentre Times New Roman avrebbe rappresentato una sorta di restaurazione suprematista bianca maschile e normodotata.
Riportiamo la faccenda nell’ambito che gli è proprio. Lucas de Groot, l’autore di Calibri, ha commentato negativamente la decisione e ha spiegato come Calibri sia stato pensato per migliorare la leggibilità sugli schermi da ufficio, con una risoluzione spesso relativamente bassa e non Retina.
Tutto sacrosanto. Sull’accessibilità, tuttavia, nemmeno una parola. Perché non c’entra niente: Calibri, da questo punto di vista, è un font come tonnellate di altri. Aggiungiamo pure che, da diversi anni, Calibri non è più il font ufficiale di Microsoft. Le ragioni che lo rendevano preferibile anno fa, legate per esempio alla risoluzione degli schermi, sono perlopiù cadute; oggi anche il più spelacchiato dei telefoni o dei PC da ufficio ha comunque prestazioni decenti e può mostrare ragionevolmente bene font con grazie o senza grazie.
C’è di più. John Gruber è venuto in possesso di una copia dell’ordine esecutivo di Marco Rubio, per paradosso in formato testo.
Basta leggerla. Ci sono riferimenti alla tradizione, all’immagine trasmessa dai documenti. Si capisce che si parla soprattutto della resa su carta, dove la migliore leggibilità di Calibri (una volta, almeno) è vanificata dalla predisposizione di Times New Roman per la stampa. È una decisione che può essere giudicata inutile o sterile, ma certo non ideologica o ostile ai democratici.
L’accessibilità? C’è, ma non nel modo in cui è stata venduta sui media. Invece: ogni anno l’amministrazione sostiene spese straordinarie proprio relativamente all’accessibilità dei documenti che alla nascita non lo sono. Se si mettono a confronto l’ultimo anno di Times New Roman e il primo anno di Calibri, si vede come i documenti che hanno richiesto interventi di accessibilità siano praticamente lo stesso numero, quasi milleduecento; la spesa per sistemare le situazioni sotto Calibri, tuttavia, è stata superiore di quasi il venti percento, una differenza che vale centoquarantacinquemila dollari. Briciole per una presidenza degli Stati Uniti; nondimeno, una cifra con cui si vive bene per un anno financo nella gentrificatissima Silicon Valley.
Si possono accampare tutte le ragioni per criticare il ritorno di Times New Roman, a patto di lasciare fuori accessibilità o inclusione che, in questo contesto, hanno zero significanza.
A dirla tutta, sono due scelte sbagliate. Due font superati, il cui unico punto di interesse è trovarsi compresi in Office. Lo stesso documento di Rubio ricorda che John Kennedy aveva scelto Caslon e che, per esempio con Palatino o New Century Schoolbook, è possibile scegliere ottimi caratteri da impiegare in una comunicazione formale come può voler essere quella di una istituzione.
La vera battaglia e il terreno su cui si consumerà la lotta per l’affermazione della civiltà o la sua distruzione non è quella tra destra e sinistra, ma tra buona o cattiva tipografia. Se Rubio fosse in grado di scegliere un font minimamente adeguato ai nostri tempi e ai nostri strumenti di visualizzazione di testo, non ci sarebbe un Trump alla presidenza.