Lette le More stray Observations — on Liquid Glass, on Apple’s lack of direction, then zooming out, on technological progress, intanto confermo che Riccardo resta, oltre che un amico, una delle mie penne preferite. Al mercatino dell’usato ho comprato con immensa soddisfazione per due euro una raccolta per me inedita di racconti di Arthur C. Clarke, The Wind from the Sun (in italiano Vento solare), e Riccardo ha molto dello stile di Clarke, nel ritmo, nel periodare, nell’inquadrare i soggetti.
Molte delle sue osservazioni sono puntuali, molte altre ragionevoli, alcune secondo me sbagliate, ma nessuno ha sempre ragione. Non ha senso che io risponda, anche perché entra pure in ballo la soggettività e una discussione diventa rapidamente sterile. Invece, voglio trarre esempio dal raggio di visione dell’analisi di Riccardo per provare ad aggiungere qualcosa dal mio punto di vista, il più ortogonalmente possibile.
Come è noto a chi ha letto queste pagine qualche giorno fa, la quarta versione della Rom di Macintosh Plus misura duecentocinquantasei chilobyte anziché centoventotto e contiene i caratteri giapponesi Kanji, che altrimenti andavano caricati via floppy all’avvio di Mac.
Questo cambiamento potrebbe essersi verificato (principalmente) in due modi. Primo modo: Steve Jobs irrompe nell’ufficio di (per dire) Burrell Smith e dice Ma perché KZ dobbiamo caricare i font giapponesi con i floppy? È una stronzata! Rifacciamo la ROM e li mettiamo dentro. Li voglio entro domani.
Secondo modo: Burrell Smith (per dire) bussa all’ufficio di Steve Jobs e dice Steve, il Giappone è per noi un mercato strategico, solo che gli utenti giapponesi si lamentano per la lentezza e il fastidio di dover caricare i font via floppy. Secondo me, per avere successo in Giappone dobbiamo mettere i font nella Rom. Ho verificato e duecentocinquantasei chilobyte basterebbero; i costi sono circa gli stessi. Jobs alza gli occhi da un prototipo e dice Giusto, facciamolo.
Non ho ancora chiesto a Andy Hertzfeld, ma io scommetterei tranquillamente i miei scarsi risparmi su una realtà molto più vicina al secondo modo.
Perché è Apple: tecnologia superiore che, per cambiare davvero il mondo una scrivania alla volta, sulle scrivanie deve arrivarci. E certe decisioni non sono frutto della genialità, ma del marketing nella sua accezione più positiva: portare sul mercato. In questo caso il mercato giapponese, contiguo culturalmente a quello californiano più che a quello newyorchese, con una popolazione quattro volte maggiore di quella californiana.
Come era fatto il mercato di Apple circa nel 1986, ai tempi di Macintosh Plus con i caratteri Kanji nella Rom? Qualche centinaio di migliaia di maschi, adulti, bianchi, benestanti, a volte un po’ nerd, a volte un po’ hippy. (Non è un lamento woke, mi raccomando; è semplicemente una descrizione abbastanza fattuale). Improvvisamente si trattava di aprire un mercato fatto di maschi, benestanti, giapponesi, contigui culturalmente ma diversissimi per tradizioni, etica del lavoro, relazioni sociali eccetera. La quarta Rom di Macintosh Plus era un compromesso: risorse allocate su esigenze nuove, diverse dalle vecchie, per allargare il mercato.
Qualche businessman di Palo Alto avrà sicuramente commentato qualcosa tipo ma guarda questi che, invece di sistemarmi il bug dei floppy da scambiare, mi fanno pagare per avere i caratteri da mangiasushi che a me non servono.
Di quante persone parliamo? Un milione? Due milioni? Cinque? Era un campione minuscolo della popolazione mondiale, estremamente connotato.
Avanti veloce all’oggi.
Come è cambiato il campione degli utilizzatori di Apple in quarant’anni? Ha smesso di essere un campione. È talmente numeroso che rappresenta con buona approssimazione il mondo intero.
Gli utenti attivi sono ben più di un miliardo, su tutti i continenti, soggetti a qualsiasi clima, con ogni ordinamento politico e/o religioso, in rappresentanza di ogni possibile gruppo etnico, in economie eterogenee. Mediamente un po’ benestanti ma ci sono anche studenti e scuole, organizzazioni non governative, pensionati e hobbisti, un mercato dell’usato enorme. Estraiamo a sorte un terrestre a caso e potrebbe non usare un Mac o un iPhone; ma niente impedirebbe a priori che lo usasse.
Oggi Apple, per fare il proprio mestiere, deve fare cose che piacciono a tutti. E trovare i giusti compromessi non è per niente semplice.
Sto dicendo che Liquid Glass è brutto perché è colpa dei cinesi o che spariscono le porte USB classiche per via delle pretese del Sudamerica? Ovviamente no. Dico che i filtri cui sono soggette le decisioni di prodotto e di design si sono notevolmente complicati e che certe osservazioni basate sullo storico sono difficilmente trasferibili con senso nel panorama attuale. Quando ci lamentavamo quarant’anni fa, rappresentavamo un sottoinsieme anche relativamente autorevole della base di utenza. Quando ci lamentiamo oggi, rappresentiamo noi stessi e poco più (essere in dieci o in cento o in mille cambia poco o nulla).
Va tenuto presente quando obiettiamo (che abbiamo ragione o meno) su scelte dirette verso un miliardo e mezzo di persone, tipo mille volte quelle interessate quando abbiamo messo le mani sul primo Mac. Non abbiamo neanche l’idea di quanta gente sia.