I più anziani tra i lettori di questo blog ricorderanno sicuramente il fenomenale Turco meccanico: un automa capace di giocare a scacchi a ottimo livello, capace di impressionare corti reali e cancellerie di mezzo mondo dal millesettecentosettanta al milleottocentocinquantaquattro, quando venne distrutto da un incendio.
Solo allora si venne a sapere che non c’era nessun automa e l’apparato esteriore serviva unicamente per alloggiare un bravo scacchista umano e dare l’illusione di essere davvero una macchina da scacchi.
Veniamo a Builder.ai, startup rivoluzionaria dei tempi dell’intelligenza artificiale, valutata un miliardo e mezzo di dollari e capace di farsi finanziare per oltre quattrocentoquarantacinque milioni, tra gli altri, da Microsoft e dal fondo sovrano del Qatar, per la sua straordinaria capacità di generare codice a partire da un semplice prompt.
Purtroppo è fallita. Un finanziatore ha scoperto che le proiezioni di fatturato per l’anno scorso erano state gonfiate del trecento percento rispetto alla realtà. Come un castello di carte, l’intera struttura aziendale è venuta giù.
Nel disastro è emerso che l’input diretto all’intelligenza artificiale di Builder.ai veniva trasformato in codice da settecento ingegneri indiani. Umani, nascosti dentro un turco, anzi, un indiano meccanico virtuale.
Con il fallimento della startup, rimangono a casa circa mille persone tra tecnici e impiegati.
Quando leggevo dei posti di lavoro messi a rischio dall’intelligenza artificiale fittizia, non pensavo che ne bastasse anche l’assenza.