Posso testimoniare che Macintosh Plus era trasportabile. Ne avevo uno e anche la sua borsa fatta apposta. Attraversavo il paese per tutta la sua lunghezza con passo orgoglioso e il Plus nella sua borsa, a tracolla. La gente mi guardava senza capire; quella strada mi serviva per raggiungere un amico dotato di Apple II. Mio papà aveva seguito le mie istruzioni e, grazie alla sua manualità, avevo con me un cavo su misura per scambiare dati. Scambiavamo dati, ci collegavamo alla rete nazionale Itapac con l’identificatore Nui di tendenza (così sembra un po’ più legale), esploravamo elenchi di server trovati su BBS e server con elenchi di server e vivevamo per qualche ora in uno spicchio di futuro, metà pirati e metà viaggiatori interstellari.
Sconsiglio il revival perché, oggi, la polizia postale busserebbe presto alla porta. E poi trasportare il Plus a tracolla richiedeva un entusiasmo da pionieri che oggi è più difficile alimentare.
Oggi, peraltro, si potrebbe utilizzare il Macintosh di quei tempi, in versione alta poco più di sei centimetri, con uno schermo da due pollici, pesante come un portafogli.
Lo ha realizzato 1-bit rainbow, con uno schema che inizia a diventare riconoscibile: scheda Raspberry piccola il giusto, stampa 3D della scocca, abilità hardware quanto basta per superare qualche problema tecnico che c’è sempre, emulatori ed ecco fatto.
Attualmente le vendite sono interrotte per eccesso di richieste; il prezzo sulla cinquantina di euro più spedizione è alla portata di molti. Intanto che riprendono, i più intraprendenti potrebbero visitare la pagina GitHub del progetto, raggiungibile da quella qui linkata, dove si trovano tutte le specifiche e i file necessari per fare da soli, compresi i file per la stampa tridimensionale del case.
Di tutti i Mac e riproduzioni fisiche funzionanti di Mac incontrati, ritengo che costruire qualcosa di più trasportabile di così sia veramente impossibile. E Itapac non è più quella di una volta.