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29 mag 2025 - Software

Il gioco in media

All’elenco dei posti più strani in cui giocare Doom sono colpito dall’aggiungere Un articolo del New York Times.

Esatto. Dentro un articolo del Times c’è un pulsante per lanciare Doom nella finestra del browser.

Se ci fosse mai veramente stata una discussione, questo è un buon argomento a sostegno di chi afferma il digitale come un potenziamento dei media tradizionali. Editori e, aggiungo, autori non sono neanche all’inizio della comprensione di questo fatto e delle conseguenze. Credo sia passata una quindicina d’anni, o forse venti, da una slide in cui domandavo provocatoriamente un programmatore in redazione?. Credo che nessuno mi abbia filato, neanche di striscio, e credo che un bel po’ di testate abbiano chiuso o si siano ridimensionate fino in certi casi al patetico. Non c’è necessariamente rapporto di causa ed effetto con la mia slide, chiaro. Rimane l’idea che certe tendenze erano chiare persino a me da un bel pezzo e se ne sarebbero dovute trarre delle conseguenze.

Non a caso il Times, dopo una durissima cura digitalizzatrice, funziona e si mantiene. Anche per la capacità di proporre contenuti all’altezza dei canali su cui vengono pubblicati.

L’articolo su Doom è piacevolissimo, articolato, pieno di informazioni. Una di queste, per me inedita e sorprendente, è che Doom venne sviluppato su NeXT. John Carmack, il suo autore, oltre che essere un abile programmatore, aveva la capacità di scrivere codice dalla facile portabilità. Che era una caratteristica sua personale e anche un requisito indispensabile per il gioco, dal momento che Doom era chiaramente destinato al mercato dei Pc. I classici due piccioni.

Un programma scritto negli anni ottanta con abilità quasi prodigiosa incontra la testata più moderna e attuale degli anni venti del duemila. La moneta cattiva su Internet scaccia la buona, però con importanti eccezioni.

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