Sebbene si tratta ancora di qualcosa di remoto, è un segno eccellente che Apple abbia una partnership con Synchron, una società che si occupa di interfacce verso il cervello.
L’obiettivo più immediato è consentire il pilotaggio di iPhone con un’interfaccia cerebrale, chiamiamola così. Nel caso di Synchron non si tratta di impianti interni al cervello come quelli della Neuralink di Elon Musk bensì di elettrodi posti sulla testa, ma l’idea è quella.
Apple è campionessa di accessibilità e come tale ha il dover di stare all’avanguardia per aiutare tutte quelle persone, milioni nel mondo, impossibilitate a usare adeguatamente un mouse o un trackpad o uno stilo.
Può anche darsi che da qui si arrivi un giorno a dotare ogni Mac del supporto a un’interfaccia neurale e che nella scatola ciascuno trovi un caschetto di elettrodi, però si tratta di un’eventualità oggi remota.
Essere campionessa di accessibilità significa peraltro porsi al vertice nel presente con le funzioni attuali, che chiunque può trovare in un prodotto Apple così come esce dalla scatola. Neanche quest’anno Apple si è smentita e, come d’abitudine, ha presentato in anticipo su Wwdc25 tutta una serie di miglioramenti all’accessibilità che si troveranno nelle prossime versioni principali dei sistemi operativi e delle quali non c’è il tempo sufficiente per parlarne con cognizione di causa nel keynote di Wwdc stessa.
L’elenco è lungo e ghiotto, non nel senso del nerd che si ritrova nuovi giocattoli sul desktop; ci sono persone che hanno davvero fame di computing accessibile e che meritano tutta l’attenzione possibile per poter operare su un iPad o su un Mac nel migliore dei modi possibili, nel migliore dei mondi possibili. Ci vuole cervello per capire che la gestione di App Store può migliorare e tuttavia la versa cartina di tornasole sulla bontà dell’operato di Apple sta proprio nel livello di accessibilità dei suoi apparecchi.