Gran bell’articolo di John Gruber sul nuovo sistema di indicazione del punteggio adottato nella trasmissione del Super Bowl LIX.
Intanto non sapevo che nel gergo televisivo si chiamasse scorebug e una cosa nuova imparata la si è portata a casa.
Poi si discute approfonditamente del fenomeno della resistenza al cambiamento quando qualcosa non è come siamo abituati ad averla:
Qualsiasi tipo di cambiamento provocherà sempre un allarme, non importa se sia migliore o no.
Lo stesso Gruber confessa di avere trovato sgradevole il nuovo scorebug appena lo ha visto, per poi capire durante l’incontro come fosse nettamente migliore. A dispetto di un mare di recensioni negative di gente semplicemente contraria al cambiamento, per principio, anche senza saperlo.
La spiegazione dettagliata del perché quest’anno si sia fatto meglio dei precedenti la lascio a Gruber, che ha fatto un lavoro completo. Segnalo solo l’eliminazione della grafica superflua, una identificazione molto migliore delle squadre e dei dati salienti da conoscere durante ciascuna azione, in particolare i timeout, elemento critico nei finali di tempo e di partita, che quest’anno ho rilevato perfettamente mentre prima si faceva visivamente più fatica.
Viva il cambiamento, viva le resistenze al cambiamento, purché servano ad avviare un ragionamento onesto con se stessi. Come conclude Gruber, differente non significa sempre migliore. Ma migliore implica necessariamente differente.
(Lo diceva anche Bertolt Brecht prima di Gruber, formulato in modo diverso con identico significato, ma non stiamo a fare i saccenti; per parlare di Super Bowl e di scorebug vanno bene anche i saperi americani).