Sono apparsi dovunque titoli a parlare del brain rot, del cervello che va in pappa, usualmente per il consumo eccessivo o squilibrato di materiale su Internet. I danni dei telefonini, il quoziente intellettivo che diminuisce, i giovani che non riescono a concentrarsi, l’uomo ha perso la libertà quando il telefono ha perso il filo.
In particolare, uno studio mostrerebbe che il quoziente intellettivo cala negli adulti interrotti dalle notifiche della posta e dalla suoneria del telefono come neanche riesce a fare il consumo di marijuana.
Scrive il Guardian che è una mistificazione.
Non è mai esistito uno studio; era un semplice comunicato stampa. I risultati erano frutto del lavoro di un medico assoldato per un giorno da Hewlett Packard.
Tutti i particolari della vicenda sono in questa pagina e in particolare il fatto che si trattava di un esperimento in una stanza con otto persone, che se sottoposte a notifiche della posta e suono del cellulare facevano più fatica a risolvere problemi. Più tardi le persone sono diventate 80, il medico è diventato uno psichiatra, ogni giornalista che riprendeva in mano la storia aggiungeva qualcosa come fa proverbialmente il pescatore con il racconto del pescato.
Il Guardian approfitta della circostanza per chiarire che molti studi sui danni della tecnologia sono miti, oppure provengono da studi di dubbia reputazione oppure presentano correlazioni e saltano direttamente alle cause, in contesti che non reggono all’analisi.
Nel duemilaventitré, uno studio su quasi dodicimila ragazzi americani tra i nove e i dodici anni ha rilevato che la connettività funzionale del cervello (la capacità di parlarsi tra differenti parti dell’encefalo) è indifferente allo screen time dei ragazzi stessi. Screen time indifferente anche alla loro percezione personale di benessere.
C’è una consistente disamina del mito per cui con il crescere della tecnologia scenda il quoziente intellettivo e anche il riconoscimento del fatto che dalla tecnologia possono arrivare effetti positivi (per esempio, certi videogiochi aumentano concentrazione e coordinazione) oppure negativi (assuefazioni e dipendenze), ma dipende dall’uso che si fa e da quello che si consuma, non certo dalla tecnologia in sé.
Un uso e un consumo responsabile vengono chiesti a chiunque in tutti i campi, dall’alimentazione allo sport ai media. Sembra impossibile far capire che lo stesso vale anche per la tecnologia e forse è proprio questa gente così ottusa a soffrire di qualche forma di brain rot.