L’allocazione di tutte quelle risorse ad Apple Intelligence si dimostra una volta di più un male, quando si constata che Siri è un pantano.
Su One Foot Tsunami hanno chiesto a Siri, un anno per volta, le squadre vincitrici del Super Bowl. La sventurata ha risposto correttamente venti volte su cinquantotto.
Peggio ancora, hanno chiesto i vincitori della LIX edizione e della LX edizione. Su quest’ultima, Siri si è inventata una squadra vincente e nemmeno era un pronostico (il sessantesimo Super Bowl si gioca nel duemilaventisei).
Fa pensare che si faccia tutto questo spreco di attenzioni verso Apple Intelligence quando non funziona un normale assistente vocale, che anche senza le meraviglie del machine learning potrebbe consistere in un database aggiornato e indicizzato, interrogabile in linguaggio naturale e capace di rispondere quando trova la soluzione e non rispondere quando non la trova.
Si noti che Siri è stata ampiamente spinto per la sua capacità di rispondere a quesiti sportivi e che nei prossimi quindici giorni gli Stati Uniti parleranno sempre più di Super Bowl.
Fa pensare anche che sia stata chiamata Kim Vorrath a risolvere il problema. Vorrath è una veterana ampiamente stimata in Apple per la sua capacità di risolvere i problemi già dai tempi della nascita di iOS.
Vuol dire che il problema è effettivo, che ha dimensioni importanti e pure che, come scrive correttamente John Gruber, l’azienda vuole fare sapere al mondo esterno che ci sta lavorando. Prima delle notizie attuali, dell’esistenza di Kim Vorrath sapevano solo gli addetti ai lavori.
Speriamo che Siri e Apple Intelligence arrivino a non farci più pensare. Nel senso, che rispondano a quello che si chiede loro come sa fare qualsiasi computer minimamente disciplinato, al che potremo anche ingoiare il rospo delle risposte post-creative in stile intelligenza artificiale.