Utile parlare della polarizzazione, delle fake news, del pluralismo, dei monopoli, della censura, della post-verità, ma il fatto è che dovremmo fare un passo indietro e partire da una libertà base: la circolazione delle informazioni.
Se tutti sono liberi di parlare ma nessuno diffonde la loro voce, il tasso di libertà è zero, molto prima di affrontare la questione della natura del contenuto.
Consideriamo per esempio Facebook, che automaticamente cancella o classifica come spam i link a Pixelfed, una piattaforma rivale di Instagram realizzata con le stesse tecnologie decentralizzate di Mastodon.
La gente che sta su Facebook e si accontenta non può sapere che esiste una alternativa a Instagram. Questo è grave a un livello più elementare di quello delle fake news: è il tentativo di soffocare sul nascere alternative sgradite.
Oppure Microsoft, che quando viene tentata la ricerca del termine Google su Bing presenta una interfaccia fatta per sembrare quella di Google; il turlupinato pensa di essere su Google e invece sta su Bing, che lo imita graficamente.
Sorprende che la seconda o la terza potenza economica al mondo debba ricorrere a mezzucci da contraffattori di bassa lega per rosicchiare qualche punto sul mercato della ricerca. Una persona sul web dovrebbe essere libera di andare su Google se cerca Google.
Sono minacce alla sicurezza molto peggiori dei malware, perché attentano alla libertà generale dell’ecosistema. Sono i veri virus da estirpare. Impossibile? Intanto iniziamo a fare la nostra parte, per quanto piccolissima. Possiamo arrabbiarci per la scure sui lik a Pixelfed solo se un gruppo di programmatori bravi lo fa esistere; noi possiamo passare parola, dare una mano, ricordarci di passare il giusto tempo sui social e non di più, evitare i motori di ricerca più disonesti e così via.