Tremilacinquecento euro sono una cifra molto alta per un apparecchio da usare in realtà aumentate o virtuale, come Vision Per equipaggiare una sala operatoria, invece, possono essere un affare.
Secondo Time, nell’ultimo mese alla University di California San Diego sono state effettuate non meno di venti interventi chirurgici laparoscopici con l’ausilio di Vision Pro e con un miglioramento clamoroso nella qualità del lavoro del chirurgo.
Nella laparoscopia tradizionale, chi opera guarda su un monitor le immagini riprese dalla telecamera inserita nel corpo del paziente, su un altro monitor i parametri vitali e nella realtà concreta deve confrontarsi con i risultati di radiografie o tomografie.
È qualcosa di simile, in complessità, a praticare un videogioco al computer mentre si guarda una serie in televisione e intanto si legge il quotidiano. Si può fare tutto, ma il carico di stress e di affaticamento è grande.
Il chirurgo intervistato si occupa di operazioni in realtà aumentata dal 2000 e dice di avere provato tutto, da HoloLens di Microsoft a Google Glass… solo che le risoluzioni non sono sufficienti. Vision Pro fa eccezione.
Dove l’apparecchio di Apple è vincente, è nell’avere a disposizione pixel più che a sufficienza per mostrare un feed video perfetto e poter sovraimporre tutti i dati e i parametri vitali, che il medico può verificare senza distrarsi e senza spostare la testa per mettere a fuoco altrove.
C’è concorrenza anche in questo campo e Vision Pro, come sempre per Apple, non è costruito pensando a un settore verticale, mentre altre apparecchiature puntano dalla nascita al mercato medicale. Però l’impressione è che farà solo bene a tutti, a partire dai pazienti, una situazione in cui il lavoro del chirurgo diventa sempre più agevole grazie alla tecnologia.
Ecco: non è il caso, in questa sede, di chiamarlo killer application.