Il principio di base è metterle di fronte un po’ a tutto quello che può eventualmente risultare interessante per bambine da scuola primaria e vedere, all’americana, che cosa rimane attaccato alla parete.
Così è arrivato il turno per la primogenita di cimentarsi con Swift Playgrounds.
Se rimarrà attaccato o meno è presto per dirlo, anche perché certi interessi sfioriscono inesorabilmente mentre altri covano sotto la cenere fino a riemergere in tempi insospettabili. E in fondo neanche importa, perché non vogliamo programmatrici ma persone con autostima e passioni da alimentare.
Di sicuro Lidia non ha rifiutato il confronto. Le è servito un po’ di aiuto all’inizio (da questo punto di vista, Playgrounds non aiuta moltissimo una persona veramente digiuna di programmazione) e poi ha apprezzato, risolvendo i problemi da sola o quasi, con una traduzione volante qui e là. (Noi i device, pronunciato come lo scrivo, li usiamo solo in inglese).
Siamo arrivati a nidificare istruzioni condizionali dentro cicli e, comprensibilmente, abbiamo deciso di ritrovarci un’altra volta più freschi per provare ancora ad affrontare le sfide di Playgrounds.
È molto che non ci provo; magari vado avanti un po’ io…