Sono a letto che scrivo con iPad e ripenso allo spezzone di Rai5 in cui David Gilmour, chitarrista di fama, racconta che il pezzo taldeitali lo ha registrato una notte su iPhone.
A differenza di Gilmour, che lo vanno intervistare, c’è una legione di persone brave e appassionate che questa notte scrivono, registrano, dipingono, modellano, compongono, analizzano, giocano, imparano su iPhone o su iPad o su Mac anche se il loro nome non avrà mai i quindici minuti di celebrità warholiana.
Quando leggo dei danni portati dai cellulari mi viene da pensare all’altra legione; quella che passerà la notte a scrollare la timeline di Instagram o quel che è.
Forse il problema non sta nello strumento. Forse è una questione di educazione, di istruzione, di buon senso, di autonomia e responsabilità personale.
Forse ci sono persone che amano la propria vita e persone che amano le vite degli altri a scapito della propria. Sarebbe bello dire che il problema è loro; è anche nostro, perché è gente con cui ci tocca convivere. Come tale, ci sono lunghi discorsi da fare.
In nessuno di questi, comunque, parlerei di danni causati dal cellulare.