Le feste di Natale mi hanno regalato due iconici momenti-depressione alle Poste, uno Alla Ricerca del Pacco Perduto e un altro a ritirare la Raccomandata non Consegnata perché il Postino non ha perso tempo a suonare al citofono.
Non entro nei dettagli di qualcosa noto a tutti. Mentre si svolgevano le due agonie, nella contemplazione di una distorsione spaziotemporale votata alla lentezza, riflettevo sulla componente tecnologica. Oggi l’ufficio postale ne è pieno. Terminali, firma sullo schermo, scansioni, stampanti, archivi elettronici, codici a barre eccetera.
L’ufficio postale odierno è pieno di tecnologia; eppure funziona male esattamente come quando tutto era carta, come avrebbe potuto dire qualche filosofo greco prearistotelico.
Forse la tecnologia non funziona? No. La tecnologia è uno strumento. I difetti stanno nella malaorganizzazione, nella scarsa motivazione, nelle procedure bizantine, nell’arretratezza di pensiero ove non ci sia quella della strumentazione. Tutte queste cose sono rimaste uguali a prima e sono queste a creare l’esperienza-purgatorio.
Ecco perché bisogna smettere subito di parlare di informatizzazione e cominciare a martellare seriamente, chi ne sa e chi lo sa fare, di trasformazione digitale.
Un posto disfunzionale, infuso di tecnologia senza toccare le disfunzionalità, rimane disfunzionale.